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Paola Chiara Masuzzo's avatar

Grazie per questa puntata. C’è tantissimo su cui interrogarsi e riflettere. Rileggendola pensavo che in fondo forse quello che fa la differenza è (come sempre?) il perché delle cose. Quasi tutti i dibattiti intorno ai diritti della proprietà intellettuale sono nati fino a oggi in contesti o di business o di sistemi di produzione del sapere, dove gli obiettivi sono sempre stati orientati o al profitto, o allo status accademico, ai crediti e alla costruzione di una certa reputazione. Rimettere in discussione il perché del copyright quindi, piuttosto forse che il copyright stesso, mi sembra fondamentale, e mi pare fondamentale ad esempio provare a immaginare come cambierebbero le cose se la motivazione dietro tutto divenisse, non so, la tutela di comunità marginalizzate, o la promozione della salute e dei diritti delle donne? Così, due cose a caso. È sempre una questione di potere, sì.

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Mafe de Baggis's avatar

Grazie per la citazione, io sono contro il copyright da molti anni perché non trovo giusto che la sua espressione naturale (le royalties) valga per l’autore dotato di potere contrattuale e non per tutti gli altri. È più facile da vedere per il cinema o la musica che per i libri, ma vale anche per i libri. Per le AI: il training per me rientra sempre nel fair use anche se chi lo fa è una corporation perché il vantaggio per tutti è incredibilmente superiore alla perdita di uno (non è che vendi meno libri se un’AI si addestra con il tuo). È la posizione esplicita del Giappone e spero diventi presto una posizione diffusa, perché una rete neurale non prende un contenuto per goderne o per usarlo, lo studia e lo trasforma in pattern.

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