In questo numero: un commento provocatorio di una persona che voleva in qualche modo sminuire il mio lavoro mi ha dato l’ispirazione per questa settimana. Che dire1, grazie.
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I data-link della settimana
[datanotizia] I membri della nuova amministrazione di Donald Trump hanno un patrimonio complessivo di almeno 344 miliardi di dollari, una cifra superiore al PIL di 169 Paesi al mondo. L’ho letto qui.
[mio per SKYTG24] Come si misura l'insicurezza alimentare e come si dichiara una "carestia"? Servono i dati. Come mi ha spiegato Teresa Caterino, che fa questo lavoro per Oxfam International, poterli raccogliere è fondamentale e mandare via le organizzazioni umanitarie dalle zone di guerra impedisce di farlo. Quindi diventa poi difficile dichiarare "formalmente" una carestia e la comunità internazionale potrebbe usarla come scusa per non prendere provvedimenti. Vedi Gaza.
[mio per Lucy, gratis] La violenza online è violenza? Sì. Nel 2016 sono stata costretta a chiudere il mio profilo Snapchat perché il mio nome, e quello di altre utenti, era stato inserito in una lista di profili pronti a ricevere proposte esplicite. Tutto, ovviamente, senza il nostro consenso. Aprire l’app e non trovare DM con dick pick o altro era diventato impossibile. Ovviamente, niente in confronto a quello che succede tutti i giorni in certi gruppi Telegram con lo scambio di foto non consensuali, o ai cyber-stupri, che non sono nati con il metaverso o i deepfake ma esistono dagli anni 90. Da quando esiste internet esiste la violenza contro le donne su internet, sì.
Se non l’hai ancora fatto, qui trovi il link per recuperare la puntata del programma di Rai Radio 3 Wikiradio in cui racconto la storia di Florence Nightingale, statistica, infermiera e scrittrice.
Il Data Book Club si è incontrato lunedì 2 dicembre e insieme abbiamo parlato dei tre libri che avevamo proposto come inizio della nuova stagione. Ecco come è andata.
La strega esce al crepuscolo, quando tutto sembra perduto. È colei che riesce a trovare barlumi di speranza anche nella disperazione.
Mona Chollet - Streghe (Utet 2019)
Cos’è il femminismo dei dati
Intanto, una buona notizia: da pochi mesi esiste in italiano una pagina Wikipedia proprio dedicata al femminismo dei dati, un lavoro portato avanti dalla comunità di Wikimedia Italia e in particolare da Marta Arosio, a cui sono molto grata. Perché anche la persona meno informata in materia, con una ricerca di poche parole chiave, può farsi un’idea di un approccio che ormai viene condiviso e discusso non solo nelle piccole nicchie di appassionatə, ma a livello accademico e persino in azienda. Essere stata presentata ieri in una conferenza all’università di Roma Tre come giornalista e data feminist mi ha fatto particolarmente piacere, perché vedo il riconoscimento di un metodo e un punto di vista che possono davvero cambiare nel profondo la scienza dei dati e come la insegniamo.
In alcune interviste in cui mi è stato chiesto cos’è il data feminism ho provato a spiegarlo, con parole mie, in questo modo:
i dati non sono di per sé entità oggettive, ma frutto di lavoro umano, possono essere fondamentali per combattere le discriminazioni ma al tempo stesso, se non sono raccolti ed elaborati nel modo giusto, possono invece aumentare i pregiudizi e le diseguaglianze.
E nel dettaglio:
Il modo in cui i dati vengono raccolti, elaborati e diffusi è tutt’altro che neutro. Il data feminism è un approccio alla data science basato sul femminismo intersezionale, guardando all’intera società e alle dinamiche di potere e privilegio. Il fatto che vengano raccolti dei dati su un certo argomento, o non raccolti, è una questione di potere. Il data feminism cerca di individuare chi detiene questo potere, il potere della raccolta dati, dell’analisi e della visualizzazione. Si interroga su chi è beneficiato dall’esistenza di quei dati o dalla non esistenza di quei dati e su chi invece è discriminato.
Se oggi proviamo a mettere in pratica tutto questo sotto il nome di “femminismo dei dati” però è possile grazie al lavoro di due ricercatrici come Catherine D’Ignazio e Lauren Klein che nel 2020 pubblicano in open access il loro volume Data Feminism per MIT Press, regalandoci, davvero, una guida, per leggere e interpretare le disuguaglianze alimentate dai dati e dalle tecnologie.
Scrivono le autrici:
il femminismo dei dati è un modo di pensare ai dati, ai loro utilizzi e ai loro limiti, informato dall’esperienza diretta, da un impegno all’azione e dal pensiero del femminismo intersezionale.
Data Feminism è una critica femminista alla data science, ma non si ferma a dire cosa non funziona: è un volume di pratiche, che ci invita a osservare come agisce il potere e a mettere in atto azioni concrete che diano valore alle comunità che sono oggetto della datificazione. Per esempio, quando
ha raccontato qui il suo progetto dedicato al monitoraggio dell’accessibilità e inclusività dei Pride italiani non ho potuto non aggiungere “data feminism in azione” al suo titolo originale, perché lo era davvero: guardare all’intersezionalità e alle dinamiche escludenti di luoghi in teoria pensati per comunità già marginalizzate era assolutamente una dinamica femminista.I 7 principi del data feminism
Le autrici individuano sette principi attraverso cui ri-pensare, rivoluzionare persino la scienza dei dati, e per ognuno ci sono esempi concreti di progetti che non hanno funzionato e altri che invece sono da leggere proprio alla luce del femminismo dei dati.
Analizza il potere. Il femminismo dei dati comincia con l’analisi di come funziona il potere nel mondo. Attraverso la matrice del dominio (matrix of domination), proposto dalla ricercatrice e sociologa femminista nera Patricia Hill Collins nel libro “Black Feminist Thought” (1990), in questo capitolo si spiegano le forme di disuguaglianza strutturale come il suprematismo bianco, l'eteropatriarcato, il capitalismo, l'abilismo e il colonialismo. Nel corso degli anni la scienza dei dati e la statistica hanno escluso persone che non fossero bianche e di sesso maschile, e questo ha prodotto una tecnologia che rispecchia una società privilegiata. Le autrici raccomandano di chiedersi sempre: chi ha raccolto questi dati (e chi è rimasto fuori dal processo di raccolta), chi ne ha beneficiato, e per quali obiettivi sono stati raccolti. Mi piace sempre aggiungere la domanda della scienziata politica Deborah Stone: “chiediti chi era nella stanza quando sono state pensate le domande dei questionari d’indagine”.
Sfidare il potere. Il femminismo dei dati si impegna a sfidare le strutture di potere inique e a lavorare per la giustizia sociale. Qui si insiste sull’idea che agire con i dati e la tecnologia con un approccio femminista vuol dire sovvertire un pensiero e anni di cultura oppressiva nei confronti delle comunità marginalizzate. Si parla di giustizia dei dati, perché l’etica si riferisce al singolo individuo o a situazioni circoscritte, mentre qui bisogna smantellare tutto. Raccogliendo e producendo controdati per esempio, dati alternativi o complementari a quelli raccolti dai governi e dalle istituzioni, che in questo modo vengono messi sotto pressione dagli attivisti e spinti a riconoscere, almeno, che il problema esiste. Bisogna lavorare per la data justice, ritrovare l'equità e sfidare l'oppressione sistemica.
Elevare l’emozione e la personificazione. Il femminismo dei dati ci insegna a valorizzare molteplici forme di conoscenza, inclusa la conoscenza che arriva dalle persone in quanto corpi vivi e sensibili nel mondo. Ci hanno sempre insegnato che i dati sono simbolo di rigore, che devono portare verità e non soggettività. La filosofa femminista Donna Haraway direbbe che “la persuasione è ovunque, anche in un foglio di calcolo”. Ogni rappresentazione però è una scelta. E allora perché non dichiararla? Perché non prendere posizione e smetterla di pretendere di essere neutrali? I grafici che produciamo indurranno emozioni in chi guarda (o tocca o ascolta...), e la comunicazione dei dati sarà migliore se ci sarà quest’intenzione fin dall’inizio. Se introduciamo il corpo nella possibilità di fare esperienza del dato, non solo conoscenza. Ne avevo parlato in una delle newsletter più lette e più apprezzate di sempre.
Ripensare le strutture binarie e le gerarchie. Il femminismo dei dati ci richiede di sfidare il genere binario, così come gli altri sistemi di quantificazione e classificazione che perpetuano l’oppressione. Se non ci sono i dati che rappresentano un particolare gruppo di persone (non per forza le minoranze), quelle resteranno escluse da potere, rappresentazione (anche mediatica, culturale), progettazione di spazi e oggetti pensati per l’essere umano di default. Il maschio bianco ecc. Ma, a volte, è rendere visibile una comunità che la mette in pericolo, e classificare le persone può portare a nuove discriminazioni. Dovremmo impegnarci per costruire un sistema di dati equo, capace non solo di promuovere giustizia nel presente, ma anche di riparare i danni causati dalle disuguaglianze del passato. C’è una puntata di TSID interamente dedicata a questo principio.
Adottare il pluralismo. Il femminismo dei dati insiste sul fatto che la conoscenza più completa arriva dal sintetizzare molteplici prospettive, dando priorità a forme di conoscenza indigena, locale e basata sull’esperienza. Un esempio positivo incluso nel capitolo è l'Anti-Eviction Mapping Project (AEMP), un collettivo di attivisti per la giustizia abitativa, ricercatori, artisti e storici orali che mappa gli sfratti e la dislocazione nella Bay Area di San Francisco. L'AEMP collabora con organizzazioni comunitarie e non profit, come l'Eviction Defense Collaborative, per raccogliere dati demografici e testimonianze dirette degli sfrattati, creando mappe, rapporti e narrazioni che riflettono le esperienze vissute dalle comunità colpite, mettendo in evidenzia le dinamiche di potere sottostanti agli sfratti e alla gentrificazione. Tutto questo non emergerebbe dai dati ufficiali.
Considerare il contesto. Il femminismo dei dati afferma che i dati non sono né neutri né obiettivi. Sono il prodotto di relazioni sociali inique e questo contesto è essenziale per condurre analisi accurate ed etiche. Se chi produce il dato è situato, posizionato rispetto alla sua condizione sociale, politica, ma anche rispetto al corpo che abita, dobbiamo togliere dal nostro immaginario legato alla produzione statistica ma anche alla scienza dei dati l’idea di poter ottenere il rigore e la “pulizia” che viene insegnata anche come prassi quando si elaborano i dataset per ottenere una base da cui partire per un’analisi o per alimentare i sistemi di apprendimento degli algoritmi. Eliminare l’anomalia, l’outlier, non è un atto neutrale, ma una scelta, e come tale andrebbe insegnata, secondo le autrici di Data feminism, che ci mettono in guardia dai Big D*ick Data projects, come quello portato avanti anche da siti prestigiosi come Five Thirty Eight ,che aveva usato database come il gDelt Project per raccontare i rapimenti in Nigeria, contando però l’informazione sbagliata (il numero di volte in cui un rapimento era stato raccontato dai media). È fondamentale quindi approfondire il contesto, scrivere metadata come se fossero guide alla lettura dei dati e contestualizzare i dataset. In alcuni casi è fondamentale usare anche i dati qualitativi o i thick data, per dare densità alle storie.
Rendere visibile il lavoro. Il lavoro della scienza dei dati, come ogni lavoro nel mondo, è il lavoro di molte mani. Il femminismo dei dati rende visibile questo lavoro, così che possa essere riconosciuto e valorizzato. Qui ne abbiamo parlato molte volte, ma nel libro si cita l’etichettatura dei dati, fondamentale per l'addestramento degli algoritmi di intelligenza artificiale. Questo compito, spesso svolto da lavoratori e lavoratrici sottopagati e senza diritti, è essenziale per il funzionamento dei sistemi di machine learning. Un esempio positivo: il progetto Atlas of Caregiving, dedicato alla comprensione dell'attività di cura che molte persone svolgono per familiari o amici che hanno bisogno di assistenza, come anziani, malati cronici o persone con disabilità. Il progetto utilizza un approccio innovativo per raccogliere dati e comprendere le esperienze quotidiane di chi si occupa di caregiving, rendendo visibili le dinamiche spesso invisibili di questo lavoro fondamentale.
Di femminismo dei dati abbiamo parlato in una puntata del podcast di Elena Canovi, tutto dedicato al libro di Klein e D’Ignazio. Potete considerarla la versione audio di questa newsletter.
La dataviz della settimana
a cura di Roberta Cavaglià
La dataviz di oggi è una meta-dataviz: per la precisione, un vademecum su come creare infografiche per tutti i cervelli. L’hanno prodotto Manuel Bortoletti, information designer, ed
Come ricorda Bortoletti su LinkedIn:
il web è pieno di SOLUZIONI DEFINITIVE per catturare l’attenzione, elevare i nostri messaggi con l’estetica dei contenuti, individuare il target della nostra comunicazione. La verità è che soluzioni definitive non ne esistono, perché ogni “target” contiene in sé infinite moltitudini, che spesso non consideriamo.
Per leggere tutte le slides del vademecum, clicca qui.
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Per la prima volta da quando sono online sono stata oggetto di una shitstorm di persone che mi hanno criticata (lecito) e insultata (meno lecito) per una scelta linguistica. Non vado nel dettaglio, perché ho scelto la strada migliore, quella di non rispondere a nessuno, anche se credo di aver agito correttamente. Però, a due settimane di distanza, posso dire che è stato interessante osservare delle persone che volevano difendere “le donne” insultare la salute mentale e la famiglia di una di loro. Well done :) Su X sono arrivati i commenti peggiori, su Instagram solo qualcuna che appunto voleva denigrare il mio lavoro e pensava che fosse sensato farlo screditando anche il fatto di definirmi “femminista dei dati”.
Ciao, sono nuovo su Substack. Dai un'occhiata al mio substak. Non sono un bot, ma un giovane italiano appassionato di geopolitica, ti sarei molto grato se mi aiuti a crescere. Grazie mille!Iscrivi gratuitamente al mio Substack. Parlerò di geopolitica e di contesti internazionali, guerre e gli scenari geopolitici più importanti. Esprimerò il mio parere e spiegherò in maniera chiara e semplice il mondo che cambia in fretta. Proverò a mettere ordine in questo caos.Tu ti iscrivi gratuitamente al mio Substak, io mi iscrivo a mia volta! Garanzia 100%
Ohhh grazie per citarmi sempre mia regina dei dati 💖