"Siamo qui, un uomo e una donna, c'è parità?"
Ultimi dati sulle politiche per il gender gap nelle PMI italiane e l'etica della cura di cui avremmo bisogno
In questo numero: gli indicatori che misurano la parità di genere in azienda ci aiutano a fare progressi oppure non bastano? Tra l’altro nell’audio in cui leggo il testo oggi ci sono rumori di fondo che sono ampiamente in tema. Ascoltate :)
Anche oggi la newsletter è sostenuta da Fight The Stroke. Parleremo di elezioni europee e di come la politica possa avere un’influenza sulla vita delle persone disabili. Ma, prima, una domanda, per metterti alla prova sui dati di cui trattiamo:
La risposta è in fondo1.
Prima di partire con la newsletter di oggi ho tre segnalazioni:
📍Il podcast Community in Action di Rete del dono mi ha chiesto a cosa servono i dati nel terzo settore e a chi lavora nel fundraising. Ve lo consiglio.
📍Su La Svolta c’è una bella recensione di Quando i dati discriminano, grazie!
📍 Un’ora di filosofia sui dati nella trasmissione Rosetta, in cui abbiamo deciso che sono una meta-data-journalist.
E ora, cominciamo.
L’etica della cura propone una prospettiva diversa dal dare e prendere e, al di là della simmetria del debito, tiene conto dei bisogni di ogni persona nel suo momento e nel suo contesto.
Brigitte Vasallo, Per una rivoluzione degli affetti (effequ)
I dati misurano la parità o il successo delle politiche di parità?
Se in un’azienda sono impiegate 10 donne e 10 uomini, il gender gap l’abbiamo colmato?
Lo scorso giovedì, alla presentazione di “Quando i dati discriminano” all’Aquila, il mio bravissimo intervistatore mi ha provocato chiedendomi se il fatto di essere sul palco, io e lui, un uomo e una donna, fossimo in qualche modo garanzia di una raggiunta parità.
Ho risposto che la parola parità mi crea dei problemi perché, appunto, non è solo contando quante donne e quanti uomini sono presenti in un’azienda o su un palco che possiamo metterci la coscienza a posto per aver garantito condizioni eque di partecipazione.
Infatti, ovunque guardiamo, anche se sono aumentate le aziende che intraprendono un percorso per ottenere la certificazione per la diversity e la parità di genere, ci sono sostanziali differenze all’interno del panorama italiano se si guarda alle piccole e medie imprese o alle multinazionali.
Lo raccontano bene i dati dello studio “Donne, Lavoro e Sfide Demografiche” che prende in considerazione sei paesi europei (Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia) e che mi è arrivato provvidenzialmente via email mentre preparavo questa newsletter2.
La situazione in cui ci muoviamo è questa:
l’Italia è l’ultimo paese per numero di coppie con figli 0-14 anni dove lavorano entrambi i partner (51,1%). All’estero questo avviene nel 63,2% dei casi in Spagna, nel 69% in Germania, nel 69,2% in Francia, nel 78% in Olanda e nel 78,9% in Svezia.
su 71.727 richieste di dimissioni avanzate nel 2022, ben il 75,4% è stato presentato dalle lavoratrici e il primo motivo è la difficoltà di conciliazione a causa della mancanza di servizi per la cura dei figli.
Ecco, il 2022: proprio l’anno in cui ho ripetutamente pensato di licenziarmi, con un figlio di meno di un anno e uno di 4, anche se non ero dipendente (e in qualche modo l’ho fatto).
Se mi guardo attorno, delle mie amiche dipendenti in Italia (già davvero poche) solo 1 su 5 tra il 2020 e il 2023 è rimasta al suo posto di lavoro. Le altre hanno aperto partita iva.
Cosa si dice in azienda? Secondo il report già citato:
prevale una visione della maternità come un valore che crea però complessità organizzative (segnalato dal 30,9% delle PMI vs. il 10,9% nelle grandi aziende);
per quanto riguarda il welfare aziendale, la prima misura messa a disposizione da PMI e grandi aziende è l’assistenza sanitaria integrativa con copertura anche per i figli, che vede impegnato rispettivamente il 37,1% e il 46,6%;
il 31,1% delle PMI e il 32,9% delle grandi aziende intende implementare nidi aziendali o convenzioni con asili nido sul territorio.
Non dimenticherò mai quando una conoscente mi rivelò che alla sua richiesta di quali politiche la sua azienda volesse intraprendere per garantire le pari opportunità il presidente le rispose: “ma come quali politiche, noi garantiamo già parità. Quando una donna rimane incinta siamo contenti per lei, le facciamo gli auguri e può andare in maternità come previsto dalla legge”.
Premio GAC, per chi capisce cosa intendo.
Altri dati ci dicono che le grandi aziende (il 60,3%) sono impegnate in attività di informazione sull’esistenza del congedo di paternità obbligatorio, rispetto al 46,7% delle PMI.
Ma se “misurare la diversity in azienda” o “misurare la parità di genere” vuol dire semplicemente raggiungere un indicatore, il fallimento è dietro l’angolo, come secondo me rivelano i problemi dei programmi di D&I negli Stati Uniti di cui racconta bene
in una delle sue ultime newsletter.Usare il termine “parità”, ancora una volta, è fuorviante.
Parliamo invece di cura.
La filosofa Caterina Botti3 invoca il diritto alla cura inteso non solo come diritto a ricevere assistenza, ma anche al prestare cura, riconoscendo un bisogno universale di cura. Con questo approccio possiamo anche andare al di là della maternità e pensare alla “famiglia” intesa come ai legami che i dipendenti e le dipendenti hanno al di fuori dell’azienda e per cui possono avere necessità (o desiderio) di prendersi cura: amicə, nonnə, genitori, bambinə proprə o di altrə.
Per Botti si tratta di trovare un’etica della cura come
una riconfigurazione del territorio e della pratica della morale, che nulla ha a che vedere con il sesso di chi la pratica e nulla ha di femminile, ma che si può arricchire di una serie di considerazioni caratterizzate come femministe, quindi potremmo dire che è un etica femminista, più che femminile.
Nel suo “Rivoluzione degli affetti”, Brigitte Vasallo mette in discussione il sistema monogamo proprio a partire da questo punto di vista. Scrive:
La possibilità di un’alternativa al sistema monogamo non riguarda flirt e corteggiamenti, ma la collettivizzazione degli affetti, delle cure, dei desideri e dei dolori.
Una dimensione di comunità che va al di là dei ruoli di genere, e che forse andrebbe recuperata anche quando si immaginano le politiche di welfare in azienda.
Che dati ci servono per cambiare la prospettiva? Pensiamoci.
Questa newsletter è sostenuta da: Fight The Stroke
L’8 e il 9 giugno si terranno le elezioni del parlamento europeo e per questa occasione l’organizzazione Cerebral Palsy Europe, a cui Fight The Stroke appartiene, ha pubblicato un Manifesto per la Paralisi Cerebrale, che descrive in dettaglio come l’azione dell’Ue – attraverso la legislazione, la definizione di standard, finanziamenti o altre forme di partecipazione – può fare la differenza nella vita delle circa 800mila persone con una disabilità di paralisi cerebrale che vivono nei paesi dell’Unione.
Lo scopo del manifesto è sia quello di persuadere i futuri politici della necessità di agire per migliorare la vita delle persone con paralisi cerebrale, sia di spiegare alle persone con paralisi cerebrale come l’Ue può influenzare in meglio la loro qualità di vita: se conosci una persona candidata o una persona adulta con PC, non esitare a condividere con loro questo documento.
Al primo punto si parla di lavoro, e si chiedono all’Ue risorse e linee guida adatte alle esigenze specifiche dei cittadini con PC in relazione alla ricerca di lavoro e al processo di candidatura. Al secondo c’è l'accesso alle opportunità legate all'attività fisica, al benessere e all'assistenza sanitaria. Al terzo e al quarto la vita indipendente e la libertà di movimento: leggete, scaricate e diffondete il manifesto per scoprire tutti i punti e capire in che modo l’Unione europea possa sostenere le persone e le famiglie in cui si vive una condizione di disabilità di paralisi cerebrale.
Ricorda che puoi sostenere Fight The Stroke con il 5x1000: tutto è cominciato con un bambino sopravvissuto a un ictus prima di nascere, e dopo 10 anni sono diventate 1000 le famiglie di giovani con una disabilità di paralisi cerebrale supportati dalla Fondazione.
Stavolta il codice fiscale (97688330154) lo puoi scaricare anche da questa immagine.
La dataviz della settimana
Comunque non va proprio tutto malissimo per quanto riguarda il gender gap. In Europa facciamo grandi passi in avanti, ricordiamoci anche questo. Via Flourish.
Il tour continua online e offline
Al Senato e online, 16 maggio: dalle 16:30 intervengo alla plenaria organizzata dall’Intergruppo parlamentare sui diritti fondamentali della persona sul tema dell’antirazzismo, si potrà seguire online.
Milano, 18 maggio: comincia il Festival di WeWorld e sarò alle 9:30 al panel su Media e disuguaglianze insieme ad altre super giornaliste, scrittrici ed esperte per raccontare le disuguaglianze nel mondo e qual è il ruolo di chi fa giornalismo. Ci si può iscrivere su Eventbrite.
Milano, 11 giugno: tengo un workshop per le aziende del network Libellula, parleremo di dati, di come possano ingannare fingendosi neutrali e di come invece possiamo usarli per creare una cultura aziendale che rispetti e valorizzi ogni individuo.
Bologna, 15 giugno: sono al We Make Future Festival con uno speech su dati che discriminano e media. Per me sarà la prima volta, passa a salutarmi!
Roma, 18 giugno: dialogo del presunto potere dei dati con Bruno Mastroianni e Massimo Cerofolini sulla terrazza del ITS Academy LazioDigital, alle 18:30. Sì, orario aperitivo, che potete prendere insieme a noi.
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Io ti ringrazio per avermi letta, se vuoi portarmi nella tua azienda, libreria, biblioteca, scuola o circolo scrivimi a progetti@donatacolumbro.it. A mercoledì prossimo!
La mobilità è la principale barriera per gli italiani con disabilità, a differenza della media EU che nello stesso sondaggio riporta al primo posto l’accesso al tempo libero. La domanda arriva dal quiz presente nel portale Disabled Data, prova a rispondere anche a tutte le altre.
Lo studio si può scaricare qui.
Il suo libro Cura e differenza. Ripensare l’etica in open access.
In questo periodo sto creando un progetto per la mia azienda proprio per affrontare il tema della parità di genere e l’altro ieri in una call, per spiegare meglio la mia idea e il motivo per cui penso che il concetto di parità di genere sia superato, ho usato la parola cura 😊il numero di oggi mi ha dato ulteriori spunti 🔥
Credo che parlare di cura costituisca spesso (sempre?) una lente alternativa interessantissima per osservare tante realtà. Bellissima questa puntata, e stupendo l'ospite d'onore. Se lui torna, ascolto sempre la newsletter anziché leggerla! <3