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Vero, le pesone tendono a mostrarsi meglio di quel che sono e preferibilmente non vogliono entrare in conflitto, specialmente con altri 7 sconosciuti in una stanza (anche virtuale). Per questo l'abilità del ricercatore (e l'esperienza) fanno la differenza. Si tratta di osservare tutto, davvero tutto. Sopracciglia che si inarcano, silenzi basiti, risatine soddisfatte, tentativi di distrasi per non dire quel che si pensa. Forse quelle persone non interverranno in quel momento, ma ci daranno diversi segnali che possiamo intercettare per capire che la pensano diversamente (e forse si può anche capire come la pensano). Il gruppo, quando il tema non è sensibile e funziona davvero, diventa persino caotico, prende la sua strada e aiuta a far emergere un pensiero collettivo che altrimenti non sarebbe emerso. Detto questo, potessi fare sempre osservazione, sarebbe fantastico :) Grazie per aver affrontato questo argomento così affascinante!

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Il problema del chiedere alle persone è fondamentalmente che mentono, a volte involontariamente. I focus group hanno il problema della compiacenza, raramente le persone andranno contro il concetto di prodotto (“sì è buono”). Non so - in senso letterale - se la raccolta partecipativa possa essere un contributo a questo problema

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Sono d'accordo con Gianluca. Nella ricerca con le persone, io prediligo l'osservazione e l'intervista in profondità. Vero è che non sempre si può fare (la questione budget in primis), ma è senza dubbio quella più efficace per me. Poi, succede anche nelle interviste che le persone mentano o siano compiacenti, ma è anche più semplice capirlo e agire di conseguenza. Complimenti per questa newsletter, Donata!

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Ciao Donata! La newsletter di oggi è interessante e stimolante ma mi piacerebbe capire fino in fondo cosa dici perché non riesco a inquadrare perfettamente il problema! Hai per caso qualche base teorica o bibliografica per approfondire? 😘

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