Anche i cattivi producono contro-dati
Ma non è un esercizio di contro-potere
In questo numero: do not harm, non fare del male. Questo dovrebbe essere uno dei principi delle raccolte dati, e quando a iniziarle sono collettivi e persone che sembrano “ai margini”, che si dicono silenziate dalla “maggioranza” (attenzione, non dal potere), questo principio non è rispettato, anzi. È l’obiettivo perseguito. Parliamo quindi di controdati prodotti dai “cattivi”.
Ieri 7 ottobre è stato anche l’anniversario dell’omicidio della giornalista Anna Politkovskaja, giornalista russa sulle cui pagine e reportage mi sono formata nei miei vent’anni. Ho avuto la fortuna di incontrare la figlia, e rileggendo l’intervista che le ho fatto nel 2010 sembra di trovare parole pronunciate oggi.
🗞️ [angolo SkyTg24] Perché ci ricordiamo di Annamaria Franzoni o Alessia Pifferi, ma degli uomini che hanno ucciso figli e figlie nessuno si ricorda niente, non si sa chi sono o cosa hanno fatto? Perché non ci sono dati sui figlicidi. Quelli che ci sono li fornisce Eures Ricerche Economiche e Sociali, ma solo su richiesta. Nei tre rapporti specifici che abbiamo potuto visionare sono analizzati 673 casi di figlicidio dal 2000 al 2024, in cui nel 62,5% l’autore degli omicidi è il padre. La percentuale è alta anche nei casi di “omicidio di possesso”, dove nel 97% è una dinamica quasi esclusivamente maschile: i padri uccidono i figli come “strumento” per punire la partner/ex partner. Le madri appaiono coinvolte in maniera del tutto residuale (3 casi in 25 anni). Ma il rapporto si inverte quando si prendono in considerazione le fasce d’età: in quella 0-5 sono le madri a risultare le autrici prevalenti (in 61 casi, pari al 57,5% contro 45 commessi dai padri, pari al 42,5%). Continua su Sky Insider, con un prezioso commento di Anna Bardazzi /
.Il tour del libro continua, le date di ottobre:
10 ottobre, Orbassano (TO) alle 18:30: molto felice di tornare nella città in cui ho vissuto per tutta la vita prima di arrivare a Roma, per la presentazione del libro al circolo del PD, prenotatevi al link!
11 ottobre, Settimo Torinese: alle 16:30 al festival dell’Innovazione e della Scienza alla Biblioteca Archimede con Azzurra Rinaldi e Natascha Lusenti in dialogo per riflettere su come l’innovazione e il cambiamento sociale siano intrecciati al ruolo delle donne nella nostra società. È gratuito ma bisogna prenotarsi.
12 ottobre, Alessandria: alle 11 nella sede del centro antiviolenza me.dea in via Guasco 47 a presentare il libro all’Ottobre Alessandrino con Sarah Sclauzero e Eva Milella.
17 ottobre, Lecce: sarò al festival Conversazioni sul futuro, alle 20:15 al Teatro Paisiello in dialogo con Vera Gheno e Vanessa Roghi.
20 ottobre, Roma: al Senato alle 11 in dialogo con la senatrice PD Valeria Valente, la giornalista Claudia Torrisi e Federica Scrollini dell’associazione BeFree. Per venire a seguire di persona devi comunicarmi il tuo nome! Grazie :)
24 ottobre, Bari: presento il libro alla Feltrinelli insieme al collettivo Bandelle e Ilenia Caito.
25 ottobre, Bari: torno felicemente allo Storytelling Festival con un monologo e reading a partire dal libro, mi trovate nel programma.
28 ottobre, Roma: presentazione del libro nell’ambito della rassegna Tutt3 in Biblio.
30 ottobre, Triuggio (MB): presentazione del libro in collaborazione con il comune.
Ti ricordo che se vuoi coinvolgermi in un evento puoi scrivere a contact-columbro@elastica.eu e per le presentazioni di quest’ultimo libro in particolare scrivere a press@rodella-comunicazione.it.
Sei tra le 12521 persone che leggono la newsletter. Nell’ultima puntata abbiamo parlato di come funziona l’architettura forense:
Questa settimana mi trovate anche su Sibilla, dove rispondo alle domande di
sul mio libro. Grazie per questa conversazione!Using data carries responsibilities. Data is not innocent or neutral: it bears the objectives of those who handle it.
Sarah Williams, Data Action: Using Data for Public Good
Anche i cattivi producono contro dati
Sessantamila registrazioni di dati in pochi giorni, una produzione di righe e colonne in crowdsourcing rapidissima e anche molto efficace. Si presentava così il database della “Charlie Kirk Data Foundation” a pochi giorni dall’omicidio dell’attivista politico conservatore statunitense.
Un contenitore di segnalazioni di persone che avevano commentato la morte di Charlie Kirk con toni celebratori o ironici, promosso proprio con questo intento. Una raccolta dati dal basso, ma lanciata in modo specifico per causare harm, tanto che il primo nome raccontava dichiaratamente il suo intento: “Expose Charlie’s Murderers”.
Ma non è stata l’unica: pochi giorni dopo l’omicidio arriva sugli store anche Cancel the Hate, un’applicazione che invitava gli utenti a segnalare criticità verso persone che, secondo gli ideatori, avessero “parlato male” di Kirk o avessero mostrato “simpatia” verso il suo assassinio.



Lo scopo era “chiamare le persone alle proprie responsabilità per ciò che dicono pubblicamente”. Invitava gli utenti a “esprimere preoccupazione” segnalando “informazioni” su presunti trasgressori, inclusi nome, luogo e datore di lavoro. Oggi il sito è irraggiungibile e l’harm, il male causato è duplice: il dataset prodotto potrebbe essere ancora usato contro le persone segnalate, e una fuga di dati ha fatto sì che anche i segnalanti diventassero vittima dello stesso strumento: l’app ha subito un attacco che ha esposto le informazioni personali dei suoi utenti, tra cui email e numeri di telefono. Ora la funzione di segnalazione è stata sospesa, la piattaforma è stata rimossa o messa offline, e non è chiaro se verrà rilanciata sotto una nuova gestione.
L’obiettivo dei contro dati è la data justice, non creare target
I dati nati dal basso non sono tutti uguali. Alcuni vengono prodotti per colmare vuoti informativi e restituire potere alle comunità coinvolte e narrate da quei dati, altri per colpire gruppi vulnerabili.
Nel linguaggio della giustizia dei dati, si parla di data harm, il danno che può derivare dalla raccolta, dall’uso o dalla condivisione di dati. Un approccio che il femminismo dei dati aiuta a comprendere con il secondo principio, quello in cui si invita chi lavora nella tecnologia e nella data science a “sfidare il potere”:
Si insiste sull’idea che agire con i dati e la tecnologia con un approccio femminista vuol dire sovvertire un pensiero e anni di cultura oppressiva nei confronti delle comunità marginalizzate.
Come esplicitamente dichiarato dai due dataset legati alla morte di Charlie Kirk, i dati sono sì prodotti “dal basso”, dalle persone comuni e non da strutture istituzionali, ma per stigmatizzare, colpevolizzare o escludere. Non si tratta solo di privacy violata, ma di danni sociali, simbolici e materiali: essere inclusi in una lista, finire su una mappa o in un database può voler dire diventare un bersaglio.
Sono contro dati “tossici”, se vogliamo usare un’altra semplificazione, uno strumento di sorveglianza comunitaria o di esclusione sociale.
La giustizia dei dati dipende da chi raccoglie, su chi, e perché. L’azione delle due piattaforme si inserisce pienamente nel modo di intendere il potere espresso dal partito e dal presidente in carica negli Stati Uniti, ma non solo.
“Uno dei dividendi promessi ai propri elettori da parte della destra è l’esercizio della violenza e del potere”, ha spiegato efficacemente
al DIG Festival. Le pratiche di doxing, cioè di esposizione di dati personali online, sono pratiche violente.E quelli legati a Charlie Kirk sono due esempi efficaci, ma non sono casi isolati. In altri contesti, liste o mappe “dal basso” hanno preso di mira comunità LGBTQIA+, migranti o attivisti. In Russia e in Uganda, sono circolati database e pagine web che raccoglievano nomi, indirizzi e fotografie di persone LGBTQIA+, invitando i cittadini a “proteggerne i bambini” o addirittura a “denunciarli”. In Francia e in Italia, gruppi di estrema destra hanno diffuso mappe dei centri di accoglienza o delle ong impegnate nel soccorso dei migranti, presentandole come strumenti di “trasparenza”, ma con lo scopo di alimentare la paura e l’odio.
Mentre scrivo penso a un altro grande database di raccolta immagini che sicuramente non è stato creato con l’intento di denunciare ingiustizie o esporre i potenti, ma anzi, violare il consenso di migliaia di donne: parlo dei forum ora chiusi e quelli ancora online con le fotografie pubblicate senza consenso e commentate in modo violento dagli utenti. Anche questi sono contro-dati: non nati per riequilibrare il potere, ma per esercitarlo su chi, storicamente e come dimostrato (da altri dati), non ce l’ha.
[Ho scoperto la Charlie Kirk Data Foundation sulla newsletter di Davide Piacenza, seguitela]Partecipa al questionario di Espulse
[questo invece sì che è femminismo dei dati] Le molestie sono uno dei principali strumenti per tenere le donne ai margini del mondo del lavoro.
Nel settore del giornalismo, in particolare, non sono solo un danno per le singole professioniste, ma uno strumento per mantenere lo status quo nelle redazioni.
Per questo, dopo aver realizzato una prima inchiesta sulle molestie e le discriminazioni nelle scuole di giornalismo, il collettivo Espulse è alla ricerca di segnalazioni di molestie, ricatti sessuali, discriminazioni legate alla maternità, comportamenti sessisti e abusi di potere avvenuti all’interno delle redazioni italiane.
Per raccoglierle, hanno creato un questionario che puoi compilare in forma anonima, lasciando un mail o numero di telefono per essere ricontattata e verificare la tua identità, che non verrà diffusa per nessun motivo: lo trovi qui.
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