Ve lo buco questo cherry picking
E una confessione: per l’8 marzo ho predicato bene e razzolato male
In questo numero: il bias di conferma e la fallacia dell’evidenza incompleta esistono, ma non possiamo usarli contro l’interlocutore ogni volta che non siamo d’accordo con quello che dice.
Nella sezione a pagamento
ha curato per noi una selezione fantastica di risorse, notizie e una dataviz in real life che non conoscevo. Vale la pena andare fino in fondo.
Dove ci vediamo in giro:
Per chi corre la maratona di Roma, domenica 16 marzo ci vediamo alla linea di partenza! Oppure, venite a fare il tifo :)
Online, 21 marzo: in pausa pranzo sono ospite dei Gender Lunch Seminar organizzati dall’università San Raffaele, parlo di femminismo dei dati.
Online, 22 marzo: tengo una lezione sugli algoritmi nel corso di Lucy sulla strategia digitale.
Napoli, 26 marzo: intervengo in una formazione per giornalisti con WeWorld dalle 9:00 alle 13:00, presso la Sala dei Baroni al Maschio Angioino di Napoli.
🗞️ [angolo SkyTg24] Per l’8 marzo mi sono chiesta “come stanno le donne ucraine”. E ho provato a rispondere con i dati. Secondo il ministero della difesa ucraino, a gennaio 2024 quasi 67mila donne facevano parte delle forze armate ucraine, arrivando a rappresentare il 21% delle persone che hanno fatto domanda per entrare nei centri di reclutamento, secondo gli ultimi dati di febbraio 2025. Più di 1,8 milioni di donne sono sfollate, mentre quasi 6,7 milioni hanno bisogno di assistenza umanitaria. Più di 3800 donne e 289 ragazze sono state uccise, anche se si ritiene che il bilancio reale sia molto più alto. La violenza di genere è aumentata del 36% dal 2022, e i tassi di depressione tra le donne e le ragazze sono peggiorati. Ma in questo contesto le istituzioni hanno comunque provato a realizzare un Gender Equality Index ucraino con la metodologia dell’Eige, mostrando quanto sia importante monitorare la parità di genere in ogni contesto.
Sei tra le 10696 persone che leggono la newsletter. Nell’ultima puntata abbiamo parlato di dati che mancano nello sport femminile.
Intanto ti ricordo che se coinvolgermi in un evento puoi scrivere a contact-columbro@elastica.eu.
Per promuovere il prodotto della tua azienda, un evento o un corso in questi spazi scrivi a newsletter@tispiegoildato.it, rispondo io oppure Roberta.
Sappiate che esiste un numero incalcolabile di libri che forniscono un accurato elenco di prove a conferma di qualche presunto complotto, e che vi sono quasi altrettanti libri che pretendono di fare a brandelli ogni teoria del complotto che si presenti.
Rob Brotherton, Menti Sospettose, Bollati Boringhieri 2021
Ve lo buco questo cherry picking
Il cherry picking è una pratica che può alimentare la disinformazione: vuol dire che quando discuto di una tematica, per esempio la crescita dell’occupazione in Italia, condivido alcune informazioni, alcuni dati, e ne ometto altri, per presentare soltanto un singolo aspetto del fenomeno. Dire che è cresciuta senza valutare in quali settori, mostrare solo i dati assoluti oppure evitare di raccontare che il dato è gonfiato dalla crescita del lavoro precario e part-time. Ne parlato anche in uno dei video di data literacy che ho girato per Sky.
È facile caderci anche senza intenzionalità: non sempre il cherry picking è fatto per manipolare, ma crediamo così tanto in quella causa, in quella tesi, che gli altri dati non andiamo nemmeno a cercarli. Infatti spesso si accompagna al “bias di conferma”, alla tendenza a ricercare dati e informazioni coerenti con le proprie convinzioni o ipotesi. Succede anche nel mondo della ricerca scientifica, dove si parla di publication bias quando vengono pubblicati soltanto risultati che confermano le tesi di partenza, e non i fallimenti:
Se hai risultati positivi, "sexy", le riviste dicono: certo, ti pubblicheremo. Studi con risultati negativi hanno molte meno probabilità di essere pubblicati, anche se sono altrettanto importanti, dice
.
Però non tutto è cherry picking. Questa fallacia logica, che viene anche definita “dell’evidenza incompleta”, viene tirata in causa ogni volta che qualcuno non è d’accordo su una tematica di cui vengono presentati i dati.
Avete mostrato solo quelli che vi fanno comodo, è cherrypicking! Mostrateci i privilegi di essere donna!
ci ha accusato una persona dopo aver letto il report “Sesso è potere” che abbiamo lanciato come associazione onData, insieme all’associazione info.nodes, la settimana scorsa.
Che dati abbiamo prodotto
Per creare il report abbiamo deciso di individuare tutti gli ambiti in cui l’esercizio del potere da parte delle persone con un ruolo decisionale avessero un impatto sulla cittadinanza: economia, politica, media.



Ci siamo quindi messə d’accordo, noi attivistə che abbiamo redatto il report, sul significato di potere. L’abbiamo fatto in modo implicito, in realtà, scegliendo gli ambiti in cui girano soldi e decisioni che cambiano davvero la vita delle persone, come il potere di approvare leggi e discuterle in parlamento, nei consigli comunali o regionali, rappresentare fenomeni sociali con l’impostazione dell’agenda setting sui media, attrarre investimenti e capitali o decidere come investirli, tra istituti di credito e grandi aziende.
Ci sono altri ambiti che ci piacerebbe indagare, perché il potere non si esaurisce in questi contesti e, come abbiamo detto nella presentazione, siamo apertə a feedback e suggerimenti per produrre dati su ruoli che non abbiamo ancora indagato.
In trasparenza abbiamo quindi evidenziato i limiti di questa raccolta dati, limiti che risiedono nel fare una scelta, inevitabile, per circoscrivere un ambito di lavoro, ma che comunque non impediscono di farsi un’idea della questione di genere (purtroppo solo nell’accezione binaria maschio/femmina) rispetto alle posizioni di leadership in Italia.
Qualche giorno prima del nostro report è uscito il Rendiconto di genere dell’Inps relativo al 2024, e anche lì abbiamo una conferma di una disparità di trattamento salariale e di contratto. La femminilizzazione di alcuni lavori - la scuola, la sanità - e la maschilizzazione di altri - l’edilizia, le fabbriche, per citarne alcuni - è un problema per tutti. La docente di economia politica Barbara Martini parla di “pavimento appiccicoso”, lo sticky floor in letteratura anglosassone, che mostra una segregazione di genere orizzontale (il pavimento) e verticale (soffitto di cristallo), per cui sono maschi:
il 71% degli operai
il 43% degli impiegati
il 77% dei quadri
il 78% dei dirigenti
secondo i dati INPS.
Per dimostrare le accuse di cherry picking nel contesto del “potere” il nostro commentatore avrebbe almeno dovuto dirci quali dati abbiamo omesso di citare per portare avanti la nostra tesi.
Ma citare i dati non serve a niente
E veniamo alla mia confessione.
Anche il Sole24Ore ha realizzato un dossier sul “potere delle donne”, con un’idea della realtà diversa dalla nostra. Il loro obiettivo era guardare i dati da un altro punto di vista, mostrando la mappa delle posizioni occupate dalle donne per cui “non ce ne sono mai state così tante”. È stata un’operazione di apokálypsis, di contromitologia, come ha scritto l’autrice di Mostruoso femminile, e cioè
portare alla luce il potere femminile disintegrando le narrazioni costruite per contenerlo o celarlo
mi chiedo?
Ci rinforza, o nasconde invece il fatto che “siamo nel migliore dei mondi possibili” per le donne, ma comunque è un mondo in cui non abbiamo piena parità?
Il fatto è questo: purtroppo citare i dati non serve a niente. Predico bene, e l’8 marzo anche io ho davvero razzolato male. Ho creduto che mettere a disposizione le tabelle, raccontare il processo di costruzione del dato, ci avrebbe aiutato nella nostra operazione di divulgazione. E come te sbaji, dicono a Roma.
Confesso, quindi, che ho usato l’espressione “lo dicono i dati”, quando in realtà i dati, anche stavolta, non dicono proprio niente senza il desiderio, da parte di chi li legge, di farsi domande che vadano oltre il numero.
Confesso che speravo che davanti al nostro repository di Github, così trasparente, così utile al confronto, avremmo avuto solo feedback propositivi, cioè proposte di approfondimento, e non commenti che difendono lo status quo.
Cosa stiamo guardando, raccogliendo quei dati? Speravo che fosse questa la domanda spontanea di chi si fosse trovato davanti al nostro lavoro.
Sono dati, non slogan. E invece, davvero, un grafico - o una statistica - non vale più di mille parole.
I data-link della settimana
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