Una storia collettiva: Perché contare i femminicidi è un atto politico
Dalle definizioni alla misurazione, c'è una comunità
In questo numero: uscita speciale perché oggi esce anche il libro. Diverso da tutti quelli che ho scritto.


Il tour continua:
26-27 settembre, Modena: due appuntamenti a DIG Festival, compreso un workshop gratuito.
28 settembre, Roma: presento il libro al festival Multi in collaborazione con Inquiete, in piazza Vittorio.
3 ottobre, Rovereto: presentazione del libro al Wired Next Fest.
4 ottobre, Ferrara: presentazione del libro al festival di Internazionale a Ferrara.
11 ottobre, Settimo Torinese: al festival dell’Innovazione e della Scienza con Azzurra Rinaldi e Natascha Lusenti.
12 ottobre, Alessandria: in orario da definire, sono a presentare il libro all’Ottobre Alessandrino.
17 ottobre, Lecce: al festival Conversazioni sul futuro.
25 ottobre, Bari: torno felicemente allo Storytelling Festival con un monologo e reading a partire dal libro.
28 ottobre, Roma: presentazione del libro nell’ambito della rassegna Tutt3 in Biblio.
Sei tra le 12382 persone che leggono la newsletter. Nell’ultima puntata abbiamo parlato del valore delle raccolte dati dal basso.
Ti ricordo che se vuoi coinvolgermi in un evento puoi scrivere a contact-columbro@elastica.eu e per le presentazioni di quest’ultimo libro in particolare scrivere a press@rodella-comunicazione.it.
“Il potere non concede nulla che non venga prima rivendicato. Non lo ha mai fatto e non lo farà mai.”
Frederick Douglass (schiavo fuggitivo, leader del movimento antischiavista nel Nord, direttore del giornale abolizionista The North Star e, dopo la guerra civile, diplomatico per il governo degli Stati Uniti). Questa frase è nell’esergo del mio libro, tratta da un discorso del 4 agosto 1857.
Una storia collettiva: contare i femminicidi è un atto politico e un atto di cura
Nessuno può farlo per te, ma non devi farlo da sola.
Ho registrato questa frase il giorno in cui sono stata a Lucha y Siesta, casa rifugio e centro antiviolenza di Roma, per una delle interviste che rendono il libro un insieme di voci, ma anche di pratiche vive, reali, di contrasto alla violenza di genere.
La storia dei centri antiviolenza è una storia femminista e vede la violenza di genere come un problema della comunità, da risolvere insieme. Non è un fatto privato, ma strutturale, e i centri sono oggi un nodo del dialogo tra survivor e istituzioni.
Non solo: producono i dati che ci restituiscono ogni anno un quadro dei percorsi di fuoriuscita dalle violenze, e lo fanno mentre portano avanti il resto del lavoro. Sottofinanziati rispetto alle esigenze, nonostante i fondi aumentino ogni anno. E questi dati, che diventano ufficiali una volta che passano nelle mani dell'Istat, nascono in un contesto molto operativo, concreto.
Mi è stato chiesto se fosse stato difficile avere a che fare con le storie dei femminicidi mentre scrivevo. Ho risposto di sì, ma che se ho pianto è stato più per la commozione di sapere che tante persone si stanno prendendo cura di ogni singola storia delle vittime e delle loro famiglie, che nei computer di decine di attivistə e giornalistə esistono fogli di calcolo dove ogni cella è un piccolo dettaglio che aiuta a ricomporre un disegno specifico della cultura patriarcale in cui siamo immersi e che fa male anche agli uomini (dati puntuali che mancano? quanti omicidi di donne si concludono con il suicidio dell’autore).

Nessun tipo di lavoro di contro-dati funzionerebbe se fosse prodotto in modo isolato da singole persone chiuse nella propria cameretta: anche chi lo fa per propria iniziativa è comunque parte di una rete, anche indirettamente, e percepisce di avere punti in contatto con attiviste e movimenti femministi a migliaia di chilometri di distanza.
Poi, certo, c’è anche la rabbia di pensare che quella cura, e quei dati, dovrebbero essere a portata di tutti nei portali pubblici.
E invece non lo sono, e questa è una scelta politica.
Questo libro non esisterebbe senza tutte le persone che contano i femminicidi, che ne hanno analizzato diversi aspetti negli anni, dal linguaggio usato per parlare di violenza alle sentenze dei tribunali. Le trovate alla fine del libro, e dentro le pagine, le rinomino qui:
Anna Avidano, Anna Bardazzi, Valentina Bazzarin, Laura Bartolini, Andrea Borruso, Marcella Corsi, Catherine D’Ignazio, Giuditta Bellosi, Paola Chiara Masuzzo, Francesca Maur, Sabino Metta, Edi Morini, Cristina Mostosi, Maria Giuseppina Muratore, Marina Musci, Viola Paolinelli, Anna Pramstrahler, Federica Rosin, María Salguero, Fedele Salvatore, Eleonora Sfamurri, Giulia Sudano.
In più: questo è anche il posto e il momento dove ringraziare la mia agente Valentina Balzarotti (The Italian Literacy Agency) che in questi mesi ha fatto quello che deve fare una brava agente, chiamarmi quando riceveva la newsletter e dirmi “bella puntata, ma il libro?” E poi Alessandro Surico, editor della saggistica di Feltrinelli, per aver creduto che questo libro dovesse essere fatto proprio così, e subito. Mi sento molto fortunata per questi due incontri.
L’ho già detto su Instagram, ma qui ripeto il mio grazie anche a Valentina Aversano, se avete libri in uscita - o in testa - la sua competenza in materia è quella che vi serve per non perdervi d’animo. A Roberta Cavaglià, che è la spalla migliore che potessi avere per il mio lavoro giornalistico, e lo è stata anche per questo libro.
E all’associazione onData, di cui faccio orgogliosamente parte, per non smettere di credere nei dati come atto politico e atto di cura.
I data-link della settimana
a cura di
[datanotizia]
è una newsletter che analizza le disuguaglianze che segnano la società statunitense attraverso i dati. Tutti i numeri sono interessanti, ma se dovessi sceglierne uno, inizierei da questo.[dataset] Un database dove trovare tutti i dati di cui potresti aver bisogno per parlare dell’uso di armi nel mondo e sulla violenza armata.
[datatool] ISTAT Boundaries Downloader è lo strumento che ti permette di ottenere scaricare i confini amministrativi ufficiali italiani in vari formati (Shapefile, GeoPackage, CSV, KML, KMZ), scegliendo la data di riferimento dal 1991 al 2025. L’ha progettato Totò Fiandaca, sfruttando le API di onData create da Alessio Cimarelli (via
).
Il dataprogetto del mese
La mappatura servizi di Queer Mushroom Forest è una lista organizzata in ordine alfabetico per regione e provincia di luoghi di aggregazione, iniziative sociali, centri specializzati e professionistɜ friendly per le persone queer in Italia.
È un progetto di raccolta dati e informazioni intersezionale dal basso e in costante aggiornamento ideato da Queer Mushroom Forest con l'obiettivo di raccogliere, creare e condividere informazioni sulle variegate esperienze di genere, sesso, orientamento sessuale, romantico e relazionale.
Conosci altri progetti di raccolte dati dal basso? Puoi segnalarli compilando questo form (oppure puoi aiutarmi a condividerlo, se vuoi!).
La dataviz della settimana
“Gaza Lives: Resisting Cultural Genocide” è il titolo di una serie di articoli interattivi realizzata dal magazine The Kontinentalist in collaborazione con Visualizing Palestine che presenta l'impatto del genocidio in corso sulla vita e sul patrimonio culturale palestinese, nonché i metodi sistematici di cancellazione utilizzati da Israele dal 1948.
Nel terzo articolo, “An Ongoing Nakba”, il team ha utilizzato i dati forniti da Palestine Open Maps per creare una visualizzazione con motivi tatreez, il ricamo tradizionale palestinese, che fornisce maggiori informazioni su ogni villaggio spopolato nel 1948.
In particolare, la forma del ricamo riprende il motivo najma per come è stato raccolto in Tirazain, l’archivio digitale che si occupa di conservare l’arte palestinese del ricamo. La dataviz in sé prende poi ispirazione dal lavoro di Maya Amer, che già due anni fa aveva usato i punti del ricamo per visualizzare le persone palestinesi uccise nell’ottobre 2023.
Grazie di aver letto fino a qui, ci sentiamo mercoledì prossimo!
Non vedo l'ora di leggerlo. Benvenuto al mondo, “Perché contare i femminicidi è un atto politico”! Avevamo tanto bisogno di te.