Quanti click dobbiamo fare per sapere se ci dite la verità?
I dati pubblici in Italia hanno tanti problemi. Anche quelli sulla violenza di genere.
In questo numero: smentire le dichiarazioni di un ministro o una presidente del consiglio che affermano di avere in mano “dati inequivocabili” sulla violenza di genere è praticamente impossibile. Perché i dati non ci sono o sono difficili da trovare, e questo in una democrazia è un problema.
La puntata precedente è stata letta da migliaia di persone, condivisa ovunque, ci sono account che hanno ripreso tutto il testo per farci dei post: BENISSIMO. Il senso di quello che faccio è questo.
Visto che qualcunə si è iscritto alla newsletter a pagamento proprio a partire dalle ultime newsletter sul tema violenza contro le donne, il ricavato è stato donato a Lucha y Siesta, centro antiviolenza di Roma. I CAV salvano vite, non vorrei smettere di ricordarlo. Anzi, finanziare nuovi centri è una delle azioni contro la violenza che ogni partito dovrebbe avere in programma: in Italia ne abbiamo uno ogni 67 mila donne con almeno 14 anni, ma secondo le linee guida della Convenzione di Istanbul dovrebbe essercene uno ogni 50mila.
UH: se mi hai scritto un’email e non ti ho mai risposto, riscrivimi. A volte perdo le cose, soprattutto nei periodi molto densi, ma il mio silenzio non è intenzionale.
E ora, cominciamo.
I data-link della settimana
[datanotizia] Un articolo del New York Times analizza i limiti del sistema di classificazione degli uragani (la scala di Saffir-Simpson), che si basa principalmente sulla velocità del vento e non considera altri fattori che possono rivelarsi altrettanto gravi, come l'intensità delle piogge (e quindi il conseguente rischio di inondazioni). Un esempio è il "potenziale ciclone otto", che a settembre ha provocato gravi inondazioni in North Carolina, negli Stati Uniti, senza neanche raggiungere lo status di uragano.
[Uomini che spiano le donne] Gli stalkerware sono strumenti di sorveglianza digitale sempre più comuni, usati anche per controllare lə partner. Un esempio è Spyhide, app scaricata anche da utenti italianə prima di essere ritirata dal mercato in seguito a un attacco informatico. In questa inchiesta pubblicata su IrpiMedia e disponibile anche in versione video sul canale Youtube del nuovo progetto Flares, la giornalista Laura Carrer racconta come funzionano queste app spia e come possono diventare strumenti di violenza di genere.
[video] Pochi giorni fa al Festival Biblico tech, a Vicenza, io e Carola Frediani, co-fondatrice di Guerre di rete, ci siamo trasformate per un momento in concorrenti di un quiz su dati, sorveglianza e Internet. Puoi recuperare la registrazione qui.
[ancora un video] Ancora non ho ancora ben realizzato di aver condiviso il palco con Linda Laura Sabbadini, pioniera negli studi di genere ed ex direttrice dell’Istat, durante l’ultima edizione dell’Eredità delle donne: trovi l’evento completo qui.
Data are ephemeral creatures that threaten to become corrupted, lost, or meaningless if not properly cared for.
(I dati sono creature effimere che rischiano di corrompersi, perdersi o diventare privi di significato se non vengono adeguatamente curati.)
David Ribes e Steven J. Jackson, in “Raw Data Is an Oxymoron” (MIT Press 2013)
La mancanza di cura verso i dati pubblici è un problema per la democrazia
Nella settimana precedente al 25 novembre ho lavorato sui dati che riguardano la violenza contro le donne in Italia. Ho scritto un pezzo per SkyTg24 cercando elementi a supporto delle dichiarazioni del ministro dell’istruzione Valditara o della presidente del consiglio, che hanno affermato di aver notato un aumento delle violenze sessuali e una correlazione con l’immigrazione illegale di massa (segnatevi questo nuovo termine della destra per la propaganda anti-migratoria): non ho potuto scrivere un pezzo di fact checking1, ma ne è venuto fuori uno in cui faccio emergere tutti i problemi dei dati pubblici che riguardano la violenza di genere, e concludo così:
Nella ricerca di indagini sui dati di genere, emerge l’esistenza di un “Osservatorio violenza di genere e domestica”, che risulta essere stato creato sotto il Ministero della Giustizia,dove sono elencate le varie attività che questo gruppo di lavoro, presieduto da Maria Rosaria Covelli, capo dell’Ispettorato Generale del Ministero, dovrebbe svolgere. Tutti gli eventi sono fermi al novembre 2023 (o forse l’intera iniziativa?) e se tra le buone prassi c’è anche la raccolta e il monitoraggio dei dati statistici, tutto resta in formato descrittivo. Le attività sono “da svolgere”, mai realizzate, a quanto pare.
Al di là della verifica delle frasi di Valditara, quello che è importante notare è che manca la possibilità, per un cittadino qualsiasi, di accedere a informazioni in modo facile e completo per farsi un’idea della situazione italiana sul contrasto alla violenza di genere: come si può conoscere l’effettiva incidenza delle iniziative governative da un anno all’altro se non esistono dati confrontabili? È vero che le statistiche migliorano di anno in anno, esistono monitoraggi nazionali e istituzionali sui centri antiviolenza coordinati da Istat, si fanno indagini tematiche periodiche, ma bisogna saperle trovare. Per ricavare le statistiche che abbiamo riportato in questo pezzo abbiamo aperto non meno di quattro report in formato pdf, diversi per tipologia e istituzione che li ha prodotti, e abbiamo dovuto cercare altri dati nelle banche dati con un viaggio di numerosi clic per mettere in relazione dati sulla violenza di genere e autori dei delitti.
Istat ha fatto uscire un aggiornamento proprio in occasione della Giornata nazionale dell’eliminazione della violenza contro le donne, ma la sintesi con cui concludo, non cambia:
Il primo atto di sostegno alle iniziative contro la violenza sulle donne è pubblicare periodicamente e in modo coerente i dati che riguardano tutto il fenomeno. Prima di vedere aumentare le curve dei reati commessi.
Sono io che non li so trovare i dati?
Mi occupo di questi temi da anni, eppure ogni volta mi sembra di essere una novellina che non è in grado di muoversi nei siti istituzionali.
Vi prego di dirmi che sto sbagliando, che non sono capace, ho chiesto ai miei fellow soci e socie di
. In effetti sto scrivendo questa newsletter con il cuore a metà diviso tra attivismo e giornalismo, ma sinceramente anche come cittadina che avrebbe tutto il diritto a non perdere un giorno intero per trovare delle statistiche che riguardano la vita pubblica di questo paese, a prescindere dal mio orientamento politico.Quando su Facebook ho condiviso il pezzo di SkyTg24 una persona mi ha incollato nei commenti una tabellina presente sul Corriere della Sera scrivendomi: be’, se loro hanno questi numeri, trovane tu altri per smentirli!
A parte la richiesta di fact checking on demand, il mio punto non è smentire un ministro della repubblica - ok da giornalista, sì - ma il fatto che possa farlo CHIUNQUE, in due click.
Durante una lezione che ho tenuto al master “Gender Equality, Diversity e Inclusion” della fondazione Brodolini ho provato a mostrare dal vivo come (non) trovare i dati “inequivocabili” del ministro, di quanto sia problematico lavorare con i dati pubblici se questo è lo stato dell’arte.
La chat di onData è in fiamme in questi giorni, e riporto qui un messaggio di un socio, Matteo Mannini, che giustamente nota:
Questa vicenda (dati sulle violenze di genere, se si dice così) mi pare emblematica del fatto che in Italia è complicato avere qualcosa di strutturato. Mi spiego meglio, in questo caso il ministro Valditara ha pronunciato una frase non del tutto chiara sul fatto che le violenze sono alimentate dall'immigrazione clandestina e molti, giustamente, hanno cercato i dati, trovando fonti destrutturate e forse non del tutto significative. Forse l'unico dato chiaro è che non si sa bene su cosa si sia basato il Ministro per fare quelle affermazioni. Mancava però dal principio una una base reliable costruita attraverso il dialogo tra istituzioni e organizzazioni della società civile che si occupano del tema.
Ieri apro questo nuovo report della Polizia, per controllare ancora (io ci credo sempre) se finalmente sono emersi questi dati su violenza e immigrazione “illegale”, e niente. Il pdf è pieno di altri dati interessanti, compresi FINALMENTE, quelli sulle donne disabili, ma sono presentati male, non si possono elaborare, non si capisce se sono collegati a dei dataset esplorabili di Istat o del ministero dell’interno. Dovrei fare altri 10-15 click per verificare.
Scrive Alice Corona, sempre in chat (ho il loro permesso :)
È un problema che si riscontra su quasi tutti i temi, io non trovo i dati sulle abitazioni a livello su comunale, i miei studenti ieri volevano i dati sulla povertà e altri indicatori di disagio socio economico per aree sub-comunali...e anche lì mille link Istat di cui la metà non funzionava o non era aggiornato, tabelle che dopo 15 minuti erano ancora in loading.
Ricordiamo anche che il 2024 è il primo anno in cui non vengono comunicati i dati sull’applicazione della legge 194, prima volta in 46 anni.
Pare davvero che sia sempre peggio, conclude Alice.
Non possiamo più fidarci dei dati che leggiamo, mi dicono le persone quando mi ascoltano alle conferenze.
Certo, ma non perché non esistano dati validi, raccolti con metodi rigorosi e verificabili, ma perché se trovarli e saperli interpretare rimane un processo in mano agli addetti ai lavori il diritto all’informazione nel nostro paese non è garantito, e questa non è piena democrazia.
Il data progetto del mese
[a proposito di dati della PA pubblicati bene]
RimanDati è un percorso di cittadinanza attiva e responsabile che promuove la trasparenza e l'accesso alle informazioni sui beni confiscati alle mafie. Grazie a questo progetto tra il 2022 e il 2023 si è registrato un significativo miglioramento: la percentuale di enti che pubblicano i dati sui beni confiscati è passata dal 36,5% al 65,2%. Anche la qualità della pubblicazione è migliorata, con un aumento dei comuni che rendono disponibili i dati in formato aperto (da 82 nel 2022 a 238 nel 2023) e in formato PDF ricercabile (da 260 nel 2022 a 321 nel 2023).
A settembre Libera ha lanciato la quarta edizione di RimanDati, ribattezzata Non più RimanDATI, con una novità: una guida pratica per la corretta compilazione dell'elenco dei beni confiscati rivolta ad enti locali, sviluppata in collaborazione con l'Istat.
Il report 2023 di RimanDati è disponibile qui.
La dataviz della settimana
a cura di Roberta Cavaglià
Nel 2018, su X (ex-Twitter) migliaia di vittime di violenza sessuale hanno condiviso i motivi per cui hanno scelto di non denunciare usando l’hashtag #WhyIDidntReport.
L’anno scorso, l’illustration designer Francesca Fragapane ha utilizzato lo studio qualitativo che sei ricercatrici hanno condotto su quel corpus di tweet per trasformarlo in una dataviz sulle barriere che impediscono alle vittime di violenza di denunciare. Tra le principali ci sono la paura di soffrire ripercussioni o di non essere credute (59,5%), il senso di colpa interiorizzato (41%), il fatto di conoscere l’aggressore (58,7%) e l’esistenza di norme sociali o culturali rendono difficile denunciare (69,4%).
Ci vediamo in giro?
Online, 27 novembre: oggi pomeriggio parlo di dati al Forum della Conoscenza di Assirm, è gratis ma bisogna iscriversi qui per partecipare.
Brugherio (Monza), 3 dicembre: algoritmi e dati che discriminano per la rassegna “Leggere il presente” organizzata dalla biblioteca comunale.
(altri appuntamenti in arrivo!)
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Vi consiglio quello di Pagella Politica.
Domanda. Proporre dati aggiornati, raccolti in modo rigoroso, disponibili in modalità aperta ha un costo. Chi si deve fare carico di questo costo? Mi aspetto che sia lo Stato, quindi ad esempio la Polizia dovrebbe mettere a disposizione tutto quel che riguarda il suo report di cui ci hai dato il link. Tuttavia mi domando se esiste un modello di business che possa rendere dei soggetti privati autonomi attori di questo tipo di attività. Mi sono scordato di fare la domanda: esiste nel mondo qualcuno che vive di questo? (non mi parlate degli osservatori del polimi però eh, che sono tutto tranne che aperti e trasparenti)