Il diritto all’informazione e ai dati, disabilitato
I dati pubblici che ci servono... non ci sono mai
In questo numero: i dati sulle città accessibili, se esistono, sono introvabili, o quasi. Milano però sembra funzionare meglio di Roma da questo punto vista.
Nel pomeriggio parto per L’Aquila, dove domani alle 12:15 tengo un talk al DiParola Festival. Vi ricordo che è possibile seguirlo online, iscrivendovi qui. E con una donazione c’è la possibilità di ricevere le registrazioni di tutti gli interventi.
Vuoi raccontare il tuo progetto o il tuo evento? Dal 16 ottobre qui si liberano degli spazi di promozione. Scrivi a newsletter@tispiegoildato.it per conoscere tutte le condizioni. Alcune info sono già in questa pagina.
E ora, cominciamo.
I data-link della settimana
Una data-notizia: sappiamo che il Monte Bianco è alto 4.808,72 metri rispetto al livello del mare. Ma rispetto a quale mare, quando, dove e in che condizioni? Un pezzo del New Yorker per riflettere su un’unità di misura che diamo per scontata e sulla sua storia.
Dati sui dati, perché no? Ecco quindi un bel dataset che misura quanto i Paesi dell’UE promuovono e facilitano l’utilizzo di dati aperti. L’Italia raggiunge uno straordinario 92% di “data maturity” (!).
(mio) Per Sky Insider ho scritto di come l’intelligenza artificiale possa accelerare i conflitti e aumentarne la scala, non il contrario.
D’una città non godi le 7 o le 77 meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.
Italo Calvino, Le città invisibili (Einaudi 1972)
Il diritto all’informazione e ai dati, disabilitato
Mentre scrivo alla Stazione Termini un black out o un guasto sulla linea ferroviaria ha completamente cancellato le informazioni sui treni in partenza e in arrivo.
Non si sa quando arrivano, quando partono e da quale binario, se il ritardo è segnalato i numeri compaiono in maniera casuale sul tabellone. Centinaia di passeggeri allora si mettono in coda per parlare con un essere umano che sappia indicargli le prossime mosse. Rinuncio al viaggio? Prendo un pullman? Un aereo? Divido una macchina?
Senza informazioni siamo letteralmente immobili, non possiamo agire.
L’ultima volta che sono stata a Londra, nel 2017, mi aveva stupito non tanto l’efficienza della città, ma il fatto che ogni problema, ogni inconveniente era comunicato in modo preciso ma allo stesso tempo umano, empatico, ai cittadini e alle cittadine, con gentilezza e con l’intento di renderle partecipi: ci scusiamo, ma è successo questo e quell’altro, oggi questa stazione della metropolitana è chiusa. D’accordo, quanto siete carini a dirmelo così, scendo a quella dopo.
Quando mi sono trasferita a Roma non ho subito nessuno choc rispetto al funzionamento dell’Atac, perché la GTT a Torino, l’azienda che gestisce i trasporti pubblici, non brilla per efficienza. In dieci anni di pendolarismo ho visto autobus andare a fuoco e presentarsi con ore di ritardo. Sì, succede anche al nord. Ma a Roma le banchine senza informazioni sull’arrivo (e sul ritardo) degli autobus mi hanno completamente disorientata: sapere è potere, e allora dimmi se c’è un ritardo, cambierò strategia, prenderò un tram, una bici elettrica, un taxi. L’unico modo per avere qualche dettaglio era (è) mandare un tweet all’account di Atac su X (Twitter) e attendere, in pochi secondi, una risposta.
Ma quanto è accessibile una comunicazione di questo tipo? Io, o altre persone dotate di smartphone e account su X, abbiamo spesso svolto il ruolo di portavoce non ufficiale di Atac per le altre persone alla fermata: “Ehi, sentite, dice che il 471 sta partendo dal capolinea!” È uno dei motivi per cui tengo l’app sul telefono, anche se cerco di limitare l’uso dei social.
Dati disabilitati
Nella mia costante ricerca per capire se viviamo in città accoglienti, accessibili, femministe, ho un buco rispetto al racconto sui dati: mi mancano quelli relativi alle possibilità per le persone disabili di muoversi in modo indipendente.
Mi sono resa conto di non riuscire nemmeno a trasformare le domande in variabili da quantificare, come suggerisco ai corsi di data journalism: cosa contiamo? Il mio limite, ovviamente, è anche dovuto al non aver mai coinvolto, per ora, una persona della comunità di attivistə disabili nella ricerca di questi dati. E, infatti è venuta in mio aiuto Francesca Fedeli, che mi ha inviato l’ultima newsletter del Post su Milano, Colonne.
Nella newsletter si parla di accessibilità della città in vista delle Olimpiadi e Paralimpiadi di Milano Cortina: cosa contiamo? Come a Parigi, l’accesso alle fermate pubbliche, per esempio, l’esistenza di mezzi con pedane e gli ascensori funzionanti.
Sia Milano che Roma hanno un sito con l’aggiornamento in tempo reale con queste informazioni, ma cercando I DATI, i dataset strutturati, mi sono imbattuta in diverse pagine che avevano alcune informazioni in comune sull’esistenza di questi file, ma non complete, e infine, la conferma che comunque, anche se esistono non sono elencati nel portale open data della città.
Milano ha invece 246 dataset in tema "accessibilità" e 14 con “disabilità” nel testo. Indicativo, no?
Francesca Fedeli è stata geniale nel coniare l’espressione disabled data1, riguardo ai dati sulla disabilità, perché è così che ci si sente, navigando in cerca di dati pubblici che dovrebbero garantirci una vita migliore. Questa mancanza di coerenza nelle pagine web e nel percorso che possiamo fare come utenti per cercare le informazioni e i dati che ci servono, denota quindi l’assenza di un ecosistema alla base che dimostri quanto sia importante per le amministrazioni pubbliche (PA) monitorare certe situazioni. E ogni volta ripenso a quelle risposte in formato fotocopia, foglietti, fax, ricevute da Chiara Lalli e Sonia Montegiove nella loro indagine “Mai dati” sull’applicazione della legge 194, che riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza: se i dati non ci sono, se non riesci a farmeli vedere, è perché non ti interessa che siano utili, né a te (come PA), né a qualcun altrə.
Nel mio viaggio di click in click, in modo totalmente casuale, ho trovato però un’indagine “sull’accessibilità degli spazi pubblici a Roma, con particolare riferimento alle persone con restrizioni di movimento”. Visto che il questionario è aperto, ve lo segnalo.
La dataviz della settimana
Cosa vuol dire “molto probabile”, “improbabile”, “altamente improbabile”? Beh, dipende un po’ da ognunə di noi.
Lo dimostra questa dataviz sulla percezione dell’incertezza condivisa su X da Max Roser, fondatore del sito più adorato dallə miə studentə: Our World in Data.
Il tour continua!
L’Aquila! Domani! È arrivato il 3 ottobre, quando sarò al DiParola festival, il primo evento in Italia dedicato alla comunicazione chiara e alla semplificazione del linguaggio. Terrò un talk sul tema della precisione.
Roma 4 ottobre: alle 18:30 intervengo al FAR - Festival dell'Architettura di Roma presso l'installazione EDICOLA, in viale Leonardo Da Vinci, per discutere di città legata all'uso dei dati (potrebbe essere spostata al weekend in caso in maltempo).
Padova, 12 ottobre: "Bianco, occidentale, uomo. Quando la scienza discrimina. Ne parlo al Cicap Festival in dialogo con Marco Boscolo, il tema della manifestazione è “Misurare il mondo”, il programma è online.
Pisa, 13 ottobre: cosa può succedere a un evento dal titolo “Bios & bias - Forme di resistenza contro discriminazione e diseguaglianza di genere online”, con Giulia Blasi e Leandra Borsci? Di tutto. Vieni a sentirci, info qui.
Udine, 19 ottobre: L’intelligenza artificiale è al centro dell’evento Artificial Intelligence Forum di Tavagnacco, parleremo di tecnologie, lavoro femminile, anche tornando sul mio libro “Dentro l’algoritmo” (effequ 2022)
Trieste, 30 ottobre: sono al Trieste Science Fiction Festival per presentare il mio libro “Quando i dati discriminano” (Il Margine 2024).
» Un consiglio di lettura, in tema mobilità urbana: la newsletter
a cura di Elisa Gallo, da cui vi pubblico un estratto:Volete contribuire al cambiamento culturale? Allora smettetela di chiedermi1 se sono arrivata in bici. In quella domanda, che nasce da buone intenzioni, simpatia, ironia e magari anche stima, si nasconde l’interpretare come eccezionale l’uso della bici come mezzo di trasporto; trasforma me, e chi la usa quotidianamente, come un’eroina, come se quel gesto non fosse frutto di una mia comodità ma come una sofferenza, un sacrificio, fin da martire: “tu sì che sei brava”, “tu che puoi”, “ecco, tu sì che vieni in bici”
Questa newsletter è stata mandata a 8669 persone, cresce grazie al passaparola e può pagare i contributi esterni grazie agli abbonamenti. Vuoi anche tu l’accesso a tutto l’archivio e sentirti parte della comunità? Pensa a un upgrade della tua iscrizione, ma prima, provala gratis:
Io ti ringrazio per avermi letta, se vuoi portarmi nella tua azienda, libreria, biblioteca, scuola o circolo scrivimi a contact-columbro@elastica.eu. Per sponsorizzare la newsletter scrivi a newsletter@tispiegoildato.it, rispondo io oppure Roberta.
Se ancora non conosci il suo progetto: https://disableddata.fightthestroke.org/
Ti leggo qualche minuto dopo aver inviato un’email alla Farnesina per avere alcuni dati specifici sulla cittadinanza jure sanguinis negli Stati Uniti :) chissà cosa e quanto verrà condiviso, e soprattutto se riceverò risposta. Vivo e faccio giornalismo negli Stati Uniti, e scopro ora che anche in Italia adesso abbiamo una legge come il FOIA americano. Ci saranno dati disponibili sulla sua applicazione?!
oh, grazie <3
PS: e oggi non ho ancora neanche toccato la bici! ;)