Le raccomandazioni algoritmiche delle piattaforme musicali penalizzano le donne
È una questione di dati, anzi di META-DATI. Ce lo racconta Roberta Cavaglià
In questo numero: torna Roberta Cavaglià, giornalista, autrice della newsletter
, con un pezzo sul divario di genere nell’industria musicale. I motivi di questo divario sono molti, ma forse quelli meno indagati riguardano proprio il modo in cui “contiamo e cataloghiamo” la musica ascoltata sulle piattaforme in streaming.UH: oggi alle 14:30 sono live sull’account Instagram di RaiNews con Giammarco Sicuro e Veronica Fernandes a parlare di giornalismo dei dati.
Anche oggi la newsletter è sostenuta dalla fondazione Fight The Stroke che si sta preparando a organizzare il suo Fight Camp, il primo camp di riabilitazione intensiva per bambini con paralisi cerebrale giunto alla sua ottava edizione. Si cercano volontarə, leggi più sotto come funziona e come sta andando la preparazione (e se non sai a chi destinare il 5x1000 pensa a FTS e scrivi il codice fiscale 97688330154).
Vediamo se intanto sai…
La risposta è in fondo1.
E ora, cominciamo.
I data-link della settimana
Un dataset: sono disponibili i dataset del Digital Society Project, che analizza il rapporto tra internet e politica.
Una data-notizia: chi beneficia da una certa produzione di dati, e chi viene discriminatə? Domande che dobbiamo farci sempre, e infatti un nuovo studio rivela che centinaia di migliaia di persone nere negli Stati Uniti potrebbero ricevere una diagnosi di malattia polmonare e ottenere quindi dei sussidi per la disabilità se i dati delle spirometrie non fossero disaggregati per razza.
Forse non avevo condiviso questa intervista di
su “Quando i dati discriminano” <3
A che serve essere brillanti e astute se alla fine siamo comunque destinate a starcene ferme in un punto ad aspettare gli uomini? No, a un certo punto in Penelope non riuscivo proprio più a vedere niente di me: volevo somigliare ad altri modelli, alle donne che avevano passato la vita a muoversi, a coltivare la propria inquietudine e a stare nel mondo.
“Le tessitrici” - Loreta Minutilli (effequ)
Il divario di genere nella musica è anche una questione di dati
di Roberta Cavaglià
Non ci sono più le popstar di una volta.
O meglio: oggi alcune cantanti pop raggiungono numeri di ascolti e di fatturato impensabili fino a pochi anni fa. E impensabili anche per altri artisti uomini.
L’Eras Tour di Taylor Swift genera 14 milioni di dollari per tappa, più di quelli dei Rolling Stones tra il 2017 e il 2019 e di Beyoncé nel 2023. La stessa Beyoncé, a maggio dello scorso anno, ha fatto salire l’inflazione in Svezia, iniziando il suo tour mondiale con due date a Stoccolma.
Allo stesso tempo, e in parte grazie anche a Beyoncé, Swift e il successo di altre cantanti, il mondo della musica sta cambiando.
Secondo l’ultimo report di Annenberg Inclusion Initiative, un think tank statunitense che si dedica allo studio della diversità e dell’inclusione nel mondo dell’intrattenimento, il numero delle cantanti nel mondo è in aumento da due anni e ha raggiunto il 35%: lo stesso vale per le produttrici (6,5%) e le compositrici (19,5%).
In prospettiva, il divario resta enorme — una cantante ogni tre cantanti —, così come sono enormi i problemi che molte artiste devono affrontare per farsi spazio in un mondo della musica prevalentemente maschile e spesso maschilista.
Gli ultimi dati raccolti dalla società di distribuzione musicale TuneCore evidenziano infatti che, a parità di ruolo, le donne hanno il doppio delle probabilità di essere pagate meno dei loro colleghi. Ma anche che 3 donne su 5 sono state molestate nel corso della loro carriera nel settore musicale e una su cinque è stata aggredita sessualmente.
Esiste poi un altro tipo di discriminazione che influisce sulle vite delle artiste, più sottile rispetto alla violenza economica e sessuale, ma non per questo meno importante: la discriminazione algoritmica.
Uscire dal (feedback) loop
Negli ultimi anni, numerose ricerche si sono concentrate sui sistemi di raccomandazione musicale, una parte fondamentale dei servizi di streaming offerti da piattaforme come Spotify, YouTube e Tidal, e sul loro ruolo nel riprodurre bias di genere.
In uno studio realizzato in collaborazione tra l’Università Pompeu Fabra di Barcellona e quella di Utrecht, il gruppo di ricerca ha rilevato che uno degli algoritmi di raccomandazione più utilizzati tende a riprodurre le distorsioni del dataset sul quale si è allenato (e che, in questo caso, conteneva il 25% di artiste donne) e che in media la prima raccomandazione di un'artista si trova al sesto o settimo posto, mentre quella di un artista uomo tende ad apparire in cima alla classifica.
Man mano che gli e le utenti ascoltano le canzoni consigliate dall’algoritmo, questo rinforza e riproduce il suo bias in un meccanismo chiamato “feedback loop”, attraverso il quale le artiste hanno sempre meno visibilità. Lo conferma anche uno studio finanziato dalla Commissione Europea sull’algoritmo di Spotify, che ha rilevato che le artiste hanno meno possibilità di entrare in alcune delle sue playlist globali (ma molte di più, ad esempio, di far parte di altre, come Today’s Top Hits o il ranking New Music, che sono tuttavia più effimere delle classifiche mondiali).
“Il fatto che non esistano esperte in tecnologia in posizioni di potere ha avuto e continua ad avere conseguenze in moltissimi settori, tra cui la musica. In questo ambito, inoltre, la rapidissima digitalizzazione che è avvenuta negli ultimi anni ha impedito che su alcuni processi venisse fatta una riflessione in ottica di genere”,
spiega Thais Ruiz de Alda, fondatrice di Digital Fems, una ong spagnola che promuove la diversità di genere nel mondo della tecnologia e che nel 2022 ha lanciato MusicTech, un progetto rivoluzionario sul modo in cui i metadati possono ridurre il gender gap nel settore musicale.
La rivoluzione (poco sexy) dei metadati di genere
“Quello dei metadati non è un mondo molto sexy, di fatto è confinato nel backstage dell’industria della musica, ma è necessario conoscerlo”, ha ammesso Gonçal Calvo, head of innovation della piattaforma musicale BMAT, durante uno dei numerosi incontri collaborativi che DigitalFems ha organizzato dal 2022 in poi per raccogliere idee e suggestioni per combattere la discriminazione algoritmica di genere.
Nel mondo della musica, infatti, i metadati sono l’insieme di dati che permettono di identificare una canzone: possono essere editoriali, e quindi riguardare il titolo, l’album e l’autore o l’autrice della canzone, descrittivi, per definire le caratteristiche sonore di una canzone, come il genere musicale a cui appartiene o il “mood” che evocano, e infine identificativi, ovvero codici che permettono il tracciamento di una canzone all’interno della filiera musicale.
A generare i metadati sono le persone che collaborano alla creazione di una canzone e che, attraverso un’etichetta discografica, depositano tutte queste informazioni alle società di gestione dei diritti d’autore (in Italia, la SIAE), che a loro volta le trasmettono ai numerosi intermediari del settore, tra cui le piattaforme di streaming.
I metadati musicali sono quindi le etichette invisibili che regolano l’universo musicale digitale e che permettono a noi utenti di scoprire nuove canzoni e a chi le produce di monitorare la loro diffusione e le rispettive royalties.
Ma la struttura dei metadati musicali è una delle principali responsabili dell'amplificazione dei bias di genere nel settore musicale.
Per facilitare la gestione e la distribuzione digitale delle canzoni in tutto il mondo, infatti, i metadati devono rispettare degli standard: il più utilizzato è il Music Metadata Style Guide sviluppato dall’organizzazione senza fini di lucro Digital Data Exchange (DDEX). Queste linee guida non prevedono metadati di genere, ovvero dati che riguardino il sesso biologico e l’identità di genere dellə cantantə.
“Alcune società di gestione dei diritti raccolgono questo tipo di dati, ma non possono standardizzarli, perché le linee guida del DDEX non prevedono questo campo”,
ha spiegato Ruiz de Alda.
“L'assenza di metadati di genere determina l'invisibilità delle donne all'interno dell'industria musicale e contribuisce ad amplificare i bias di genere all'interno dei processi di elaborazione automatizzata dei dati e ai sistemi di raccomandazione musicale. Senza metadati di genere, questi sistemi possono perpetuare i pregiudizi e le disuguaglianze esistenti, con un potenziale impatto su fattori quali la rappresentazione, i compensi e le opportunità per lə artistə”,
ha aggiunto.
Grazie al sostegno della Commissione Europea, l’obiettivo del progetto MusicTech è quello di lavorare a una proposta tecnica che possa rivoluzionare l’architettura dei dati attuali e includere i metadati di genere.
I nodi ancora da sciogliere non mancano: come attribuire metadati di genere alle artiste del passato, dato che non possiamo chiedere direttamente qual è la loro identità di genere? Come fare nel caso di band composte da persone di genere diverso? E con le persone che sono non binarie o agender? Come tutelare lə artistə che vogliono nascondere la loro identità di genere perché provengono da paesi dove essere trans o persone non binarie è un reato?
“Non possiamo imporre il nostro punto di vista eurocentrico, né attribuire arbitrariamente un’identità di genere allə artistə del passato. Per questo, includere metadati di genere sarà sempre una scelta dellə artistə”,
ha precisato la fondatrice di Digital Fems.
“Una scelta importante, però, dato che il grande dibattito che stiamo aprendo per mettere in discussione lo stato attuale dei metadati potrebbe avere un impatto enorme nel promuovere l’uguaglianza di genere nel mondo della musica digitale”.
Questa newsletter è sostenuta da: Fight The Stroke
Oggi parliamo di Fight Camp. Intanto, raccontiamo cos’è.
Il Fight Camp è un modello unico di camp tra sport e riabilitazione: 7 giorni di attività intensive per bambinə provenientə da diverse regioni d’Italia e dall’estero, in età dai 6 ai 13 anni e con disabilità di paralisi cerebrale; in oltre 60 ore di progetto ə partecipanti si esercitano in nuovi sport adattati e attività di potenziamento motorio e cognitivo, grazie all’apprendimento imitativo con il proprio tutor e con i compagni di gioco.
Quest’anno il calendario del Fight Camp prevede tre principali attività sportive legate al mondo del calcio, del flag football e dello skateboard.
Come ha scritto Francesca Fedeli, fondatrice della fondazione, un articolo per il magazine Uppa:
i dati sulla pratica dello sport per i bambini con disabilità non vengono neanche censiti ufficialmente
e, aggiunge,
troppo spesso si confondono gli esercizi di psicomotricità, di terapia in acqua o a cavallo con la pratica di una disciplina sportiva (...) mentre le informazioni sugli insegnanti di sport adattati, sulle classificazioni dello sport paralimpico o sulle società sportive affiliate alle varie federazioni paralimpiche sono ancora difficili da recuperare.
Ecco perché il Fight Camp si propone di superare gli stereotipi legati al tema della disabilità e lo sport, con una forte attenzione anche al benessere psico-sociale dei bambini e delle bambine.
L'ottava edizione si terrà quest'anno a Milano (municipio 2) dal 12 al 18 agosto 2024.
Vuoi partecipare come volontaria o volontario? Trovi tutte le ultime informazioni nella sezione blog sul loro sito.
La dataviz della settimana
Per restare in tema, vi condivido due grafici che ho prodotto per La Stampa con i dati raccolti dall’associazione Classical Rights sulle disuguaglianze nelle orchestre italiane ed europee: «Non esiste un database aggiornato coi dati orchestrali e della direzione d'orchestra, perciò l'abbiamo creato noi a partire dalle maggiori e più importanti orchestre (e teatri lirici) d'Europa, con i dati relativi a ogni strumento», mi ha raccontato Carlotta Benini, vicepresidente dell’associazione. Qui il pezzo (purtroppo sotto paywall).
Le nuove date del tour
Bologna, 15 giugno: dalle 9:20 alle 10 parlo al We Make Future Festival con uno speech su dati che discriminano nel contesto dei media. Mi portate un caffè americano?
Milano 15 giugno: alle 17:20 con Diletta Huyskes e Philip Di Salvo parliamo di dati e discriminazioni algoritmiche al Wired Next Fest, al Castello Sforzesco.
Roma, 18 giugno: discuto del presunto potere dei dati con Bruno Mastroianni e Massimo Cerofolini sulla terrazza del ITS Academy LazioDigital, alle 18:30. Sì, orario aperitivo, che potete prendere insieme a noi.
Roma, 22 giugno: alle 19:30 sono al Festival del benessere finanziario di Rame in un talk dal titolo Quanto costa essere una donna (e un uomo), in quel posto super family friendly che è il Monk.
Ravenna, 25 giugno: alle 18:30 presento il mio libro “Quando i dati discriminano” nella rassegna Flaming Talks organizzata da Happy Minds.
Roma, 26 giugno: nella rassegna ReSprint al Teatro Elettra parlo con Giovanni Prattichizzo (Istat) proprio sul tema della divulgazione e la comunicazione statistica ai tempi della sfiducia.
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Ad oggi, non esistono statistiche ufficiali sul tipo di pratica sportiva effettuata dalle persone con disabilità. Tramite iniziative, sappiamo che tra gli sport più popolari vi sono nuoto, calcio e danza. Inoltre, sappiamo tramite un’indagine ISTAT, che il 9% delle persone con disabilità pratica uno sport, contro il 40% delle persone senza disabilità. Una fonte da cui approfondire è l’Indagine sulla diffusione e il valore sociale dello sport tra gli studenti universitari con disabilità, svolta dal Centro Universitario Sportivo Italiano e da Sport e Salute.
credo il link non funzioni, in ogni caso l'intervista è qui https://www.roccorossitto.it/blog/dati-discriminano-domande-donata-columbro/
sarebbe interessante capire il feedback loop nel mondo trap, in cui ci sono in pratica solo uomini.