Cosa possiamo imparare dai dati delle nuove diagnosi di HIV in Italia
Ce lo racconta una data guest star esperta sul tema
Prima della “solita” introduzione, devo salutare le centinaia di persone che sono qui oggi, arrivate da Micelio, e soprattutto dalla raccomandazione di Daniela Collu <3. Spero che troverete quello che cercate! Questa è una puntata speciale, perché a scriverla è un contributor esterno, Marco Bastian Stizioli, autore a sua volta di una pubblicazione settimanale sul tema dei diritti sessuali. Lo seguo da tempo e il suo approccio data-informed è quello che ci vuole per fare chiarezza su temi di cui si sente parlare poco sui media tradizionali. Quindi, andate a esplorare anche la sua newsletter, Diritti Sessuali.
Oggi è il 17 dicembre, e ho ancora due numeri da mandare prima della pausa (questa è la prima del punto elenco):
Oggi alle 12:30 sono in diretta su YouTube per parlare di DATI CHE CI SONO e DATI CHE MANCANO sul tema della violenza di genere, con Andrea Borruso di Ondata, Giuditta Bellosi di Period Think Tank, Rossella Silvestre di Action Aid e Simona Ammerata di D.i.Re - Donne in rete contro la violenza. I dati che ci sono, spoiler, li hanno raccolti le associazioni femministe, giornalisti e giornaliste, ricercatori e ricercatrici. Oppure li hanno chiesti e ottenuti tramite accesso civico agli atti. Forzando l’esercizio di un diritto. Sono le storie che racconto anche nel mio libro, quelle che mi hanno appassionato quando ho deciso di approfondire un lato specifico dell’umanizzazione dei dati, ma soprattutto dell’esercizio del contro-potere come pratica femminista. Ne riparleremo mercoledì prossimo.
🗞️ Per SkyTG24 mi sono occupata di intelligenza artificiale e gap di genere. È uscita infatti una meta analisi di 18 studi trasversali sul tema, per un totale di 140mila persone coinvolte. Se avete un abbonamento Sky lo leggete qui, ma il paper integrale è disponibile in open access.
Sei tra le 14523 persone che leggono la newsletter. Nell’ultima puntata abbiamo parlato di come il genocidio a Gaza è stato raccontato dai media. Ovviamente, male:
Ormai cominciavo a conoscere la belva-uomo e sapevo che a noi appare pazzia ogni volontà negli altri a noi contraria, e ragionevolezza quello che ci è favorevole e ci lascia comodi nel nostro modo di pensare.
Goliarda Sapienza, L’arte della gioia (Einaudi 2008)
Possiamo anche guardare i dati sull’HIV, ma il problema della diffusione resta la sessuofobia
Da presidente di un’associazione che si occupa di HIV so bene cosa ci si aspetti da me. Dovrei dire:
di usare sempre il preservativo.
che le infezioni sessualmente trasmissibili (IST) sono brutte e cattive e che c’è un BOOM di nuove diagnosi.
che c’è bisogno di educazione sessuale nelle scuole perché signora mia i giovani ne combinano di ogni.
Preferisco piuttosto soffermarmi su una cosa forse scontata, ma che non ci ripetiamo spesso:
Dobbiamo imparare a convivere con HIV e le altre IST, perché siamo esseri viventi fatti di carne. E la carne può contrarre infezioni.
Convivere significa conoscere le infezioni sessualmente trasmissibili per decidere quali rischi vogliamo assumerci. Convivere significa sapere che sono quasi tutte sono curabili, che abbiamo vaccini che ci proteggono da epatite B e HPV, che al momento per HIV non c’è una cura, ma la terapia farmacologica garantisce un’aspettativa di vita uguale alle persone HIV negative.
Ed è proprio la terapia che fa in modo che le persone che vivono con HIV non trasmettano il virus.
Convivere vuol dire promuovere una cultura del test HIV/IST, che dovrebbe diventare una routine per ogni persona sessualmente attiva.
Test che siano accessibili, gratuiti, al di fuori di contesti ospedalieri. Test gestiti da associazioni con operatori alla pari, come stiamo facendo a Brescia e in tante altre città.
Convivere significa metterci il cuore in pace: il solo preservativo non basta.
Per contrastare l’HIV servono anche altri strumenti, e per fortuna li abbiamo. Tra questi c’è anche la PrEP, una pillola che ci protegge dall’HIV se non usiamo il preservativo o non possiamo negoziarlo. Si può assumere anche due ore prima del rapporto sessuale. È gratuita e sul sito prepinfo.it trovi i centri che la prescrivono.
Con queste premesse allora sì che può essere utile l’educazione sessuale nelle scuole, non in risposta ad articoli di giornale che non fanno altro che diffondere panico morale. Un’educazione sessuale e all’affettività che sia aggiornata, non giudicante, che metta al primo posto l’autodeterminazione dellə studentə.

Qua nessunə salva nessunə e non siamo fate madrine che, con la nostra bacchetta magica a forma di dildo, salviamo giovani scapestratə. Ma ne parla meglio la mia collega Gea Di Bella.
E quindi i dati li guardiamo o no?
Potrei chiudere anche qui il mio pezzo, perché le cose importanti le ho dette tutte. Perché non ce ne facciamo niente dei dati HIV del 2024 se poi non agiamo quotidianamente per cambiare la cultura sessuofobica.
I dati ci raccontano però che nel 2024 le nuove diagnosi HIV sono stabili (2379): durante gli anni del covid le diagnosi sono diminuite perché a causa del lockdown pochissime persone si sono testate. Con la ripresa dell’accesso ai test i numeri si stanno ristabilizzando.
Ma le diagnosi tardive sono il vero problema. Perché una diagnosi tardiva significa che l’HIV può aver già compromesso il nostro sistema immunitario. Si calcola misurando il numero di CD4 nel sangue (i globuli bianchi attaccati da HIV) e sotto le 350 cellule CD4 per mm³ siamo in presenza di una diagnosi tardiva.
Nel report si legge che il 43% delle persone diagnosticate aveva infatti fatto il test perché c’era già un sospetto di HIV.
E le diagnosi tardive si registrano soprattutto tra la popolazione eterosessuale: probabilmente pensano che l’HIV non le riguardi, perché magari hanno avuto pochi rapporti sessuali o perché non fanno parte di certe “categorie”.
Queste diagnosi tardive si potrebbero evitare se ogni persona sessualmente attiva si testasse almeno una volta l’anno.
Test, PrEP, preservativo, terapia per le persone che vivono con HIV sono gli unici strumenti concreti che abbiamo in risposta all’HIV. Grazie al test una persona scopre di avere l’HIV, inizia la terapia e non solo si prende cura di se stessa ma ferma la diffusione del virus, non trasmettendolo ad altre persone.
L’HIV non è un problema. Il vero problema è lo stigma, quello sì che fa danni. Dobbiamo impegnarci collettivamente per normalizzare l’HIV, togliere il giudizio, portare le nostre amicizie a testarci.
Dobbiamo chiedere soldi alle istituzioni per finanziare le associazioni che offrono servizi di prevenzione e salute pubblica, stringere alleanze con realtà che non si occupano di HIV per far girare le informazioni e creare connessioni.
E se ci va, fare sesso senza vergogna. Anche solo per il piacere di farlo.
Marco Stizioli è un sostenitore entusiasta della libertà sessuale e presidente del Brescia Checkpoint, un ente del terzo settore che si occupa di HIV e salute sessuale. Cura la newsletter Diritti Sessuali.
Il dataprogetto del mese (l’ultimo della nostra rassegna!)
In Italia non esiste un database ufficiale sulle persone morte nel corso di fermi e controlli delle forze dell’ordine. Malapolizia è una mappa che raccoglie gli episodi più controversi dal 2000 in poi, realizzata dal giornalista Luigi Mastrodonato analizzando articoli di giornale, battaglie legali e mobilitazioni sociali e coinvolgendo realtà e associazioni che si occupano di abusi in divisa.
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