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Visualizzare la complessità e umanizzarla
La storia del memorial dell'11 settembre e dell'algoritmo disegnato per sistemare i 3000 nomi delle vittime. In più: ChatGpt è tornato disponibile, NON usatelo così (bonus track)
In questo numero: un caso di computer assisted design ma sopratuttto di umanesimo dei dati applicati alla realizzazione di un memoriale. Più un bonus track finale su come (non) si usa ChatGpt.
Questa è anche l’ultima newsletter sostenuta da Clearbox AI, oggi impariamo perché i dati sintetici possono portare a un’intelligenza artificiale più etica.
E ora, entriamo nel vivo.
Siamo altrettanto incapaci di concepire l’enormità degli astri quanto la piccolezza delle particelle: perciò ci è d’aiuto sapere che un cucchiaino d’acqua di mare contiene tante molecole quanti cucchiaini d’acqua sono contenuti nell’Oceano Atlantico.
Primo Levi. L'altrui mestiere (Einaudi)
Alla fine di ottobre 2009 il data artist Jer Thorp riceve un'email da Jake Barton di Local Projects, agenzia di New York che cura installazioni museali, per un "Potential Freelance Job". Thorp risponde: sì, certo, mi piacerebbe lavorare al progetto che mi proponi. Ma in realtà non sono sicuro che si possa realizzare.
Barton gli chiedeva di disegnare un algoritmo per definire l’organizzazione spaziale dei nomi delle quasi tremila vittime in un monumento alla memoria dell'11 settembre in fase di costruzione a New York.
Il design del memoriale era stato scelto attraverso un concorso internazionale di architettura. Il progetto vincitore, chiamato "Reflecting Absence", era stato presentato da Michael Arad e Peter Walker.
Credits foto: NormanB
Il monumento consiste in due enormi piscine che occupano il sito delle torri gemelle, con cascate d'acqua che cadono nelle piscine vuote. I nomi delle vittime oggi sono incisi sui parapetti di bronzo intorno alle piscine.
Nella visione dell'architetto Michael Arad i nomi dovevano essere disposti in base a
dove si trovavano le persone e con chi erano quando sono morte - non in ordine alfabetico, né inseriti in una griglia.
Il senso dell’idea di Arad era collegare le vittime secondo quelle che lui aveva definito meaningful adjacencies, "prossimità significative" - connessioni che avrebbero raccontato amicizie, legami familiari e atti di eroismo. Attraverso queste connessioni il memoriale sarebbe diventato un'incarnazione permanente non solo delle numerose vittime individuali, ma anche delle relazioni che facevano parte della loro vita prima di quei tragici eventi.
Il punto di partenza per Thorp era un database creato negli anni dallo staff dello studio di architettura, che aveva ricostruito i legami tra le persone presenti nelle torri e il luogo in cui si trovavano. Spesso le famiglie chiedevano che il nome del loro caro fosse posizionato vicino a quello di un'altra persona con cui avevano un legame speciale, come un amico o un collega. Alla fine gli aggiustamenti al social network finale dovuti alle richieste aggiuntive furono più di 1200.
La soluzione per soddisfare le esigenze del progetto avrebbe dovuto essere matematica. E la procedura che consente di trovare la soluzione migliore tra quelle possibili è, ovviamente, un algoritmo, che Thorp disegnò usando il tool Processing.org. Non uno solo in realtà. Prima serviva un algoritmo che definisse la posizione dei nomi in base allo spazio disponibile e alle richieste di prossimità, poi un software che aiutasse gli umani ad adattare il layout generato dal computer. La procedura è ben raccontata qui.
Ma sarebbe sbagliato dire che “era stato un algoritmo a progettare il memorial”, come fecero tutti i giornali dell’epoca:
It would be misleading to say that the layout for the final memorial was produced by an algorithm. Rather, the underlying framework of the arrangement was solved by the algorithm, and humans used that framework to design the final result. This is, I think, a perfect example of something that I’ve believed in for a long time: we should let computers do what computers do best, and let humans do what humans do best.
Quando cinque anni ho visitato il memorial fa non avevo idea della storia della sua realizzazione. In Living in data, libro che Thorp ha scritto in quasi dieci anni di professione nel mondo delle visualizzazioni complesse, il data artist canadese racconta di aver vinto l’appalto per la realizzazione dell’algoritmo contro una grande azienda di analisi dati che aveva presentato il suo modello - chiedendo tra l’altro di proporre il pitch per prima per risparmiare tempo prezioso a tutti, dal momento che la loro soluzione era sicuramente la migliore - affermando di poter garantire il 93% delle richieste di prossimità. Il modello di Thorp arrivava al 99,9%.
Credits: Jer Thorp
Come ha fatto? Thorp dice che questo lavoro gli ha insegnato una cosa fondamentale:
to treat the data and the system it lived in not as an abstraction but as a real thing with particular properties, and to work to understand these unique conditions, as deeply as I can.
cioè a trattare i dati e i sistemi in cui vivono non come un’astrazione, ma come una cosa reale, con caratteristiche specifiche, e lavorare cercando di capire queste condizioni uniche, nel modo più profondo possibile.
Mentre lavorava allo schema scrivendo codice, ogni tanto si prendeva una pausa e googlava i nomi che stava cercando in tutti i modi di onorare progettando il memoriale. Il problema non era più solo matematico o di spazio, ma concretamente umano.
While names of the dead may be the heaviest data of all, almost every number or word we work with bears some link to a significant piece of the real world. It’s easy to download a data set — census information, earthquake records, homelessness figures — and forget that the numbers represent real lives. As designers, artists, and researchers, we always need to consider the true source of data, and the moral responsibility which they carry.
Sto rileggendo questa newsletter mentre vado a tenere due giorni di workshop sul data storytelling per una cooperativa di Firenze e credo che la mia formazione inizierà proprio da qui.
Questa newsletter è sostenuta da: Clearbox AI
I dati sintetici per un’AI più etica
Quando i modelli di intelligenza artificiale vengono allenati sulla base di dati storici, possono restituire output discriminanti o incompleti. Quei dati, infatti, potrebbero non rappresentare in maniera esaustiva la società in cui viviamo o perpetuare stereotipi di genere e provenienza, violando i diritti individuali.
Ed ecco che si palesa il vecchio adagio: garbage in, garbage out.
I dati sintetici rappresentano un grande passo avanti verso un’AI più equa. Aiutano a migliorare la qualità e la quantità delle informazioni che alimentano l’intelligenza artificiale e, di conseguenza, a mitigare possibili bias al loro interno.
Vuoi sapere come?
La dataviz della settimana
Se quando ti chiedono “come stai” non sai dare risposte più articolate di “bene” o “male” e soprattutto non sai nominare le tue emozioni, puoi sperimentare con questo lavoro di visualizzazione interattiva realizzata per The Pudding da Abby VanMuijen e Michelle McGhee. Anche questa è complessità, umanizzata.
Prenditi dieci minuti tutti per te, e poi vai al link.
Il tour, detto anche “maggio con la valigia”
Il 6-7 maggio sono a Bologna per Reclaim the tech, festival sui diritti digitali e la giustizia sociale promosso da esperte e attiviste come Lilia Giugni, ricercatrice dell’università di Bristol e autrice del libro “La Rete non ci salverà”. Insieme a Period ThinkTank e alla ricercatrice e giornalista Josephine Condemi terrò un workshop in tema data feminism, le informazioni per partecipare sono qui. È aperta anche la campagna di crowdfunding per sostenere le spese del festival (tutte noi speaker siamo volontarie e questa partecipazione è a nostro carico, come contributo al progetto).
Il 18 maggio alle 20:30 mi trovi a Milano sul palco di Stand up for Girls!, evento annuale dell’ong Terre des Hommes, con entrata gratuita, insieme a Sumaya Abdel Qader, Martina Castigliani, Pegah Moshir Pour, Mariangela Pira e altre super speaker. Prenotazioni qui.
Il 21 maggio al Salone del Libro di Torino presento il libro “Ciclo” pubblicato da Quinto Quarto editore con l’autrice Natalie Byrne e con l’attivista e attrice Chiara Becchimanzi.
Il 22 maggio sempre al Salone c’è un laboratorio per le scuole sul mio libro “Dentro l’algoritmo” (effequ), ma bisogna prenotarsi.
Il 27 maggio sono a Trieste per il festival di Parole Ostili.
Il 29 maggio tengo una keynote alla International Visual Methods Conference che si tiene all’università Sapienza di Roma.
Il 31 maggio presento Ti Spiego il Dato al Festival Je T'aime a Padova.
Bonus track!
ChatGpt è tornato disponibile per l’Italia e io temo di rivedere cose che voi umani…
Questa era una storia postata due settimane fa dopo aver assistito a una lezione di un professore che mostrava le allucinazioni di ChatGpt sulla base di ricerche legate al suo nome. WTF!
Una spiegazione più esaustiva e paziente sul non trattare ChatGpt come un motore di ricerca l’ha scritta Massimo Sandal sul suo profilo Facebook.
Bene, ora siamo davvero alla fine. A mercoledì prossimo!
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