Quando lo zero è sospetto: i dati in agricoltura e gli outlier virtuosi
4 domande alla data guest star di oggi, dove scopriamo che un agricoltore deve prendere 40 macrodecisioni nel processo produttivo, che si ramificano in altre 180 sottodecisioni
Oggi è di nuovo l’ultimo mercoledì del mese e torna la rubrica con la Data Guest Star. Per chi è a Padova stasera ci vediamo a Je t’aime festival alle 19:30 in cui non mancherò di spiegare il femminismo dei dati, mentre il 6 giugno sono a Bologna per X-FOOD, un evento dedicato al cibo in cui parlerò di data humanism.
Anche questa newsletter è sostenuta da Banca Etica, a cui voglio molto bene da circa 13 anni (ho aperto il mio conto personale nel 2010 e quello della partita iva nel 2015). Mai pentita.
E adesso incontriamo una persona che conosco da moolto tempo, perché arriva dal mio passato nella cooperazione internazionale. E, tra molte, ha a contribuito a farmi percepire i dati come elemento di una narrativa che può cambiare i pregiudizi in molti contesti, anche nel cosiddetto Global South.
Sto parlando di… Simone Sala. Che si occupa di tecnologia digitale applicata nel settore agroambientale. Laureato in informatica nel 2007, ha conseguito un dottorato in scienze agrarie perché gli interessava
applicare le tecnologie digitali per lo sviluppo sostenibile in paesi emergenti, e l’agricoltura era ed è un settore chiave in tal senso.
Ha lavorato con enti di ricerca, organizzazioni multilaterali, organizzazioni non governative, governi, e imprese private in più di venti paesi tra Americhe, Europa, Vicino Oriente, Asia meridionale e Africa Sub-Sahariana.
Quando cerchi di organizzare una cena con lui ti risponde che è a Davos, poi deve andare in Ghana, quindi magari facciamo tra un mese, due?
Tre anni fa ha fondato con alcune colleghe JengaLab, una associazione non profit che promuove l’uso inclusivo di tecnologia digitale nella cooperazione allo sviluppo.
Al momento lavora a Varda, una startup con cui sta per rilasciare una piattaforma open access che si chiama SoilHive e che promuoverà l’accesso a dati globali sul suolo.
Capite che NON POTEVA rifiutarsi di rispondere alle mie domande?
4 domande sui dati a... Simone Sala
1. Mi racconti cosa sono i dati per te?
Sono passati dall’essere un complemento nelle discussioni più disparate all’unità minima di lavoro del me studente di informatica, quando ho imparato che i dati erano le carte da impilare per costruire un castello, generando così informazioni, e a loro volta da aggregare per progettare un villaggio, vale a dire conoscenza in senso stretto e lato.
Durante il dottorato di ricerca in scienze agrarie i dati sono diventati alleati fondamentali per rispondere alle domande che mi ero posto e arcinemici ogni volta che le risposte non erano quelle che speravo.
2. Qual è una criticità del tuo ambito di lavoro dove l’uso, la citazione o la cattiva interpretazione dei dati e delle statistiche può fare dei danni?
Se mi concentro sull’agricoltura, attualmente il mio principale ambito di lavoro, ci sono moltissime criticità. Innanzitutto, c’è una barriera dovuta alla poca disponibilità di dati, a causa della frammentazione delle fonti, della scarsa interoperabilità tra i dati stessi, e della bassa propensione alla condivisione tra soggetti privati. Può sembrare controintuitivo, ma l’agricoltura è un settore fortemente knowledge-intensive (a conoscenza intensiva): mediamente un agricoltore deve prendere 40 macrodecisioni nel processo produttivo, che si ramificano in altre 180 sottodecisioni. Ognuna di queste ha un impatto sul successo della stagione produttiva, e se pensiamo che è possibile effettuare un solo raccolto l'anno per alcune colture si può capire quanto sia critico avere accesso a dati di buona qualità per riuscire a prendere decisioni ottimali. Una scorretta interpretazione dei dati può avere un impatto molto negativo sulle finanze di un’azienda agricola, e a cascata su chi consumerà il prodotto agricolo, quindi sulla sicurezza alimentare e sulla salubrità degli alimenti, oltre che sull’ambiente circostante. Non sono poi mancati anche in questo settore usi indebiti e scorretti del dato: prova ne è il costante aumento di investimenti in cybersecurity negli ultimi anni.
3. C’è un “dato” o un modo di usare i dati che può essere rivelatorio secondo te negli ambiti di cui ti occupi? Puoi citare lavori di altri, buone pratiche, magari un a-ha moment che hai avuto guardando un dato o un grafico...
Quello che per me è costantemente rivelatorio è l’accorgermi che i dati che abbiamo a disposizione, per quanto accurati, siano solo un pezzo del puzzle.
Ti racconto, ad esempio, un confronto avvenuto con un agricoltore che si occupa di agricoltura rigenerativa.
Nella sua azienda agricola ha adottato pratiche all’avanguardia per creare un ecosistema virtuoso, grazie a cui è riuscito a integrare allevamento allo stato brado e coltivazioni in maniera sostenibile, migliorando nettamente la salute degli animali e delle risorse naturali del territorio in cui lavora. Questo approccio è però fuori dagli schemi produttivi attuali, rappresentando circa l’1% sul totale, e per questo fatica a essere adeguatamente interpretato dai vari sistemi di monitoraggio pubblici, facendogli correre il rischio di venire sanzionato pur essendo in realtà un outlier virtuoso.
I veterinari che visitano l’azienda periodicamente sono andati in crisi proprio davanti a un dato, vale a dire l’assenza di medicinali somministrati agli animali riportata nel registro aziendale: questo perché quegli animali hanno un tasso di malanni quasi nullo, un dato che agli ispettori sembrava inverosimile e dunque sospetto, se paragonato al caso standard degli allevamenti intensivi, che sono la norma anche nel nostro paese. Se non altro i dati sono serviti anche a risolvere il problema, in quanto gli approfondimenti effettuati, e i dati generati, hanno poi confermato la salute degli animali e la salubrità degli alimenti prodotti dall’azienda.
4. Cosa consigli a chi vuole fare un lavoro che riguarda i dati nel tuo ambito?
Mi sentirei di suggerire a tutti che i dati sono una bussola da tenere sempre in tasca: uno strumento fondamentale per affrontare i percorsi più disparati, pur sapendo che conoscere la direzione è solo uno degli elementi necessari ma non sufficienti ad affrontare un viaggio. Il dato non può e non deve essere la direzione, ma semmai aiutare a indicarla. Per questo consiglierei di investire molto della propria formazione e, in generale, del proprio tempo ad approfondire la conoscenza teorica e pratica del tema trattato e del suo contesto, coltivando anche la capacità di interrogare e interrogarsi attraverso dati e strumenti di elaborazione dei dati stessi. Una parte fondamentale di quest’ultima componente da non sottovalutare è anche l’attività di raccolta del dato stesso. Come diceva il professor Gaylon Campbell:
“nessuno crede ai modelli tranne chi li ha sviluppati, mentre tutti credono ai dati di campo tranne chi li ha raccolti”.
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La dataviz della settimana
Ma che davvero la maggior parte dell’acqua che consumiamo finisce nella produzione di mangime per animali? Sì. L’ennesima data visualization - stavolta concentrata sulle terre del Colorado, che sta vivendo una grave crisi idrica - che lo prova (fatta dal New York Times):
Cose mie che non avevo mai linkato
Un pezzo a cui tengo molto: sono stata nella Marsica, in Abruzzo, a vedere come funziona una “piccola scuola” diffusa sul territorio e come il digitale può aiutare l’inclusività nella didattica. Per L’Essenziale/Internazionale.
L’allattamento al seno non è gratis, lo dicono i dati. Per La Stampa.
Sempre su La Stampa, i nuovi dati del PNRR ci consentono di capire se e quanto la dimensione del genere conta nelle gare pubbliche. Period Think Tank ha scoperto che solo nel 68% c’è parità.
Silvia Semenzin mi ha intervistata sulla discriminazione degli algoritmi per il blog della Cyber Rights Organization, che aiuta le vittime di violenza online contro le minacce e gli abusi.
La sezione tool e risorse di fine mese invece salta per motivi di allergia (sono tre giorni che vivo in apnea, rende tutto più difficile :)
Ma ci sentiamo la prossima settimana!