Quali dati ci servono per capire l'impatto di uno sciopero generale?
Cosa metterei in righe e colonne ufficiali, se avessi la bacchetta magica
In questo numero: quali dati ci dicono che uno sciopero ha funzionato?
Grazie Salesforce per sponsorizzare la newsletter di oggi con una proposta di webinar gratuiti su dati e AI.
E poi: per SkyTG24 ho letto il report della Commissione indipendente dell’Onu che ha dichiarato l’esistenza di un genocidio in Palestina. Su cosa si basa? Intanto, i dati sulle vittime, poi su quelli legati alla carestia e alle condizioni sanitarie. Non ultime, le agghiaccianti dichiarazioni dei funzionari e politici israeliani.
Il tour continua:
28 settembre, Roma alle 13: presento il libro al festival Multi in collaborazione con Inquiete e Lucy, in piazza Vittorio Emanuele (qui il programma).
3 ottobre, Rovereto: presentazione del libro al Wired Next Fest, nel pomeriggio, con il giornalista Riccardo Saporiti.
4 ottobre, Ferrara: presentazione del libro al festival di Internazionale a Ferrara.
10 ottobre, Orbassano (TO): presento il libro al circolo del PD.
11 ottobre, Settimo Torinese: al festival dell’Innovazione e della Scienza con Azzurra Rinaldi e Natascha Lusenti.
12 ottobre, Alessandria: alle 11 in piazza sono a presentare il libro all’Ottobre Alessandrino.
17 ottobre, Lecce: al festival Conversazioni sul futuro.
25 ottobre, Bari: torno felicemente allo Storytelling Festival con un monologo e reading a partire dal libro.
28 ottobre, Roma: presentazione del libro nell’ambito della rassegna Tutt3 in Biblio.
Sei tra le 12406 persone che leggono la newsletter. Nell’ultima puntata abbiamo parlato di chi conta i femminicidi (eh sì, è uscito il mio libro!).
Ti ricordo che se vuoi coinvolgermi in un evento puoi scrivere a contact-columbro@elastica.eu e per le presentazioni di quest’ultimo libro in particolare scrivere a press@rodella-comunicazione.it.
“The fact we all haven’t been working in coal mines since we were 8 is proof enough strikes work.”
Utente anonimo su Reddit, in risposta alla domanda “Ci sono dati che dimostrano che gli scioperi funzionano?”
Come si misura il successo di uno sciopero?
Mentre osservavo dall’alto (di un muretto) la marea che gridava e ballava e sventolava le bandiere palestinesi tra piazza dei Cinquecento e via Cavour, pensavo a quante persone avessero interrotto le loro attività per arrivare fino a lì. Email non risposte, classi senza insegnanti, negozi e ristoranti chiusi. Treni mai partiti, aerei persi dai turisti impossibilitati a raggiungere l’aeroporto. Fatturato dei negozi chiusi che cala, eventi saltati, giornata messa a soqquadro. In un’altra giornata, per altre motivazioni e cause, questi “dati” sarebbero stati indice di un disastro.


Mentre lunedì 22 settembre, proclamato lo sciopero generale e invitata tutta la cittadinanza a fermarsi, quegli stessi numeri hanno definito il grande successo delle manifestazioni a sostegno della popolazione di Gaza. Abbiamo bloccato davvero moltissime città d’Italia, in modo pacifico, dichiarando con i nostri corpi che il modo di trattare gli esseri umani gazawi, da parte di Israele, è insostenibile. Ho passato ore a rivedere i video e mi sono chiesta - a parte la percezione di chi era nelle piazze, compresa quindi la mia - come poter dire che uno sciopero abbia “funzionato”. Che dati raccogliamo? Sicuramente ci sono le adesioni formali dei lavoratori dipendenti, ma noi liberi professionisti abbiamo semplicemente prodotto un out of office più o meno schierato.
Paolo Gerbaudo, sociologo e teorico politico, mi ha risposto che
“i dati da guardare sono il numero di piazze, circa 80 se non erro (che sono molte) e la partecipazione molto ampia nelle piazze principali”, e, aggiunge “il blocco a diverse attività, porti, ferrovie, autostrade, con risultato di forti ritardi con conseguenze significative per l’economia”.
Una curva che scende, un meno davanti a una cifra che in altri momenti ci avrebbe allarmato, è diventato indice di qualcosa che ha funzionato benissimo: la nostra umanità.
Dati che avrei voluto poter verificare, e invece
I numeri ufficiali che vengono forniti in giornate come queste sono molto pochi. Abbiamo la solita differenza tra i numeri della questura e quelli degli organizzatori (e qui sappiate che
ha una newsletter in arrivo), il numero di piazze coinvolte, ma di nuovo non dati precisi (70, 80, 90?), e “i feriti”, 60 poliziotti e manifestanti secondo alcuni giornali. Un dato più puntuale lo fornisce il Coisp, sindacato di polizia, parlando di 25 agenti in ospedale e 30 con ferite più lievi. Ma non sarebbe più utile poter consultare un database ufficiale sul sito del ministero dell’Interno, anche aggiornato ogni trimestre, con il monitoraggio delle manifestazioni pubbliche? Invece, ovviamente, non esiste.Grazie al lavoro dell’
e alla campagna abbiamo però qualche dato liberato in tema scioperi, e cioè estratto dai siti del ministero dei Trasporti e da quello della Commissione di Garanzia Scioperi, dove erano presenti ma inutilizzabili per qualsiasi analisi. Tutta la storia è raccontata qui:Chi studia questi fenomeni, che dati raccoglie?
A livello internazionale ho trovato un report della camera di commercio degli Stati Uniti dal titolo “i dati mostrano come gli scioperi impattano i lavoratori e le comunità”. Se fosse stato un post instagram ci sarebbe stato sotto un commento tipo “questo, ma in positivo”.
Vengono analizzati quattro grandi scioperi avvenuti negli Stati Uniti nel 2024 misurando le perdite in termini di posti di lavoro, pil e reddito.
Per esempio, con lo sciopero dei portuali tra l’1 e il 3 ottobre 2024 ci sono state più di 120 navi container bloccate, con effetti a catena su merci e forniture:
Posti di lavoro persi: 3.387
Pil perso: 442,1 milioni di dollari
Reddito perso: 250,7 milioni di dollari
Più di 120 navi container bloccate, con effetti a catena su merci e forniture.
In quel documento gli scioperi sono letti in termini di costi e danni economici. Il messaggio finale è che servono “soluzioni che rispondano ai bisogni sia dei lavoratori sia delle imprese per mitigare l’impatto economico degli scioperi”. Non viene dato spazio ai motivi per cui i lavoratori hanno scioperato (ad esempio richieste salariali, condizioni di lavoro, sicurezza), ma solo alle conseguenze economiche immediate.
Cercando la storia di questo sciopero nella pagina Wikipedia di riferimento si legge ovviamente dei danni economici e dei disagi, ma anche di una buona gestione da parte dell’allora governo di Joe Biden: i sindacati chiedevano un aumento salariale del 77% in sei anni e un divieto totale all’automazione nei porti, considerata una minaccia diretta alla sicurezza del lavoro. I negoziati con la U.S. Maritime Alliance erano già entrati in crisi mesi prima e l’offerta prevedeva aumenti più contenuti, di circa 2,50 dollari l’ora l’anno, contro i 5 richiesti dal sindacato. Alla vigilia dello sciopero, l’alleanza aveva provato a rilanciare con una proposta di aumento del 50% e contributi più generosi per sanità e pensioni, ma senza cedere sulla questione dell’automazione. L’offerta fu definita “inaccettabile” ma la contrattazione con Biden portò all’ottenimento di un contratto provvisorio fino al gennaio 2025, quando fu deciso un nuovo aumento del 62% in 5 anni e uno immediato del 10%, scongiurando un nuovo blocco dei porti.
In Francia, paese in cui la società civile è in grado di paralizzare le attività pubbliche per diversi giorni durante le proteste, sono stati fatti diversi studi e li ho trovati citati su The Conversation. In particolare mi ha stupito che secondo l’economista Jérémy Tanguy fino a un certo numero (5 all’anno) gli scioperi possono avere un effetto positivo sulla produttività perché consentono di risolvere conflitti e aumentare la soddisfazione dei dipendenti. È stato poi dimostrato che anche quando cala il pil a causa degli scioperi, poi risale dopo qualche tempo.
Se avessi la bacchetta magica dei dati piacerebbe vedere una tabella con tutti gli scioperi degli ultimi 50 anni, con i giorni ufficiali dichiarati, le perdite economiche e i disagi ma anche i guadagni ottenuti in termini di diritti e salari. Oppure, colonne con: data degli scioperi, indetto da, la partecipazione di piazza ufficiale e dichiarata, le persone aderenti ufficialmente, le azioni politiche messe in atto successivamente (ad esempio, “l’Italia ha riconosciuto lo stato della Palestina dopo la mobilitazione” - non ancora, purtroppo).
Quello che fanno normalmente gli scioperi è costringere chi è al potere a riflettere su quanto gli costa prendere decisioni impopolari.
mi dice ancora Gerbaudo.
Chissà se queste stime qualcuno al governo le ha fatte, dopo il 22 settembre.
Lo sponsor della settimana è: Salesforce
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Dal 30 settembre al 2 ottobre puoi partecipare ai nostri webinar gratuiti e scoprire come queste tecnologie possano davvero cambiare il tuo modo di lavorare.
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Retail: sblocca il potenziale del Retail Media per massimizzare il ritorno economico
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