Perché contare i femminicidi è un atto politico - il mio nuovo libro
Esce il 16 settembre per Feltrinelli
Eccoci. Il giorno in cui vi dico che “ho scritto un nuovo libro” è arrivato.
Si intitola “Perché contare i femminicidi è un atto politico” e lo pubblica l’editore Feltrinelli. La copertina, probabilmente qualcunə riconoscerà il tratto, è dell’illustratrice Olimpia Zagnoli.
Esce il 16 settembre, ma ve lo diciamo oggi a reti unificate perché agosto per l’editoria è un mese che non esiste, e tutto si chiude questa settimana: lo trovate già nelle librerie online (vi metto i link di Feltrinelli, IBS e Amazon) e, se passate da quella del vostro quartiere, potete chiedere di prenotarne una copia. Anche le biblioteche possono farlo!
[immaginate qui lo screenshot inviato dalla zia bibliotecaria a testimonianza, l’ha saputo prima lei di me]
Chi segue la newsletter senza saltare neanche un numero, chi ha visto un certo post su Instagram, dove tiravo un sospiro di sollievo per le notti passate sulle bozze finalmente arrivate in tipografia, già sapeva: organizzare gli appunti, le interviste, i dati, le storie raccolte per scrivere questo libro è stato un lavoro molto intenso, perché non c’è solo la mia voce qui dentro, ma quella di tutte le persone che contano i femminicidi e la violenza di genere, che custodiscono le storie delle vittime dentro contro-archivi, che incarnano (praticando l’embodiment del femminismo dei dati) le statistiche trasformandole in un atto di cura, in un atto politico. Non lasciando che possano diventare freddi strumenti di polarizzazione ideologica.
I dati ufficiali non mostrano nomi, non permettono di esplorare le storie che riguardano caso per caso e raramente mettono in luce gli abusi di potere.
[Invece] la dimensione di ogni evento è collettiva, non personale, né riguarda solo la relazione tra vittima e assassino, ma l’intera società.
Le pagine di questo libro “fanno piangere e fanno arrabbiare” mi ha scritto una persona che lo ha letto in anteprima, ma io spero anche che ci facciano sentire gruppo, comunità: non mi sono mai sentita sola mentre scrivevo. Il lavoro dei movimenti, dei centri antiviolenza, delle giornaliste che hanno incontrato le famiglie delle vittime o gli uomini maltrattanti, delle associazioni che sono a fianco dei bambini e delle bambine rimaste orfane, di chi ha studiato il linguaggio degli abusi o le sentenze, di chi produce database nei ritagli del proprio tempo libero, la generosità di chi me li ha affidati, è stato un dono.
Per me, e ora spero per tuttə voi.
non credo saranno mai abbastanza i grazie per questo lavoro. Questo libro è proprio un tassello di comunità orizzontale che trasforma la solitudine in rabbia comunitaria ♥️
Ovviamente, prenotato!