Maschi nelle STEM
Cosa ci vuole per diventare non solo scienziatə, ma direttori e direttrici di centri di ricerca?
In questo numero: ha senso continuare a fare iniziative per le “donne nelle Stem?” Ovviamente non ho una risposta, ma ogni volta che ne sento parlare o intervengo a eventi sul tema mi arrabbio.
Oggi la newsletter ancora una volta ha il sostegno di ReCommon, associazione che lotta contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori in Italia, in Europa e nel mondo, e con cui abbiamo attivato una bella collaborazione “basata sui dati” della crisi energetica.
Siamo nella settimana di SanEni e del greenwashing in prima serata (cfr Alice Pomiato che ne parla qui), direi che è lo sponsor perfetto per oggi.
MEN IN SCIENCE! You can do it! Don't let grant-allocating processes, publishing routines, hiring procedures, harassment or hostile labs put you off.
* traduzione mia: Uomini nella scienza! Ce la potete fare! Non lasciate che il processo di allocazione dei grant, le routine di pubblicazione, le procedure di assunzione, le molestie o un ambiente ostile nei laboratori vi scoraggino!
Nell’ultimo romanzo di Paolo Giordano, Tasmania, uscito per Einaudi, uno dei personaggi a un certo punto interviene in una conferenza mondiale dedicata alle donne della scienza proiettando slide piene dati relativi alla partecipazione femminile nelle Stem (acronimo che sta per Science, Technology, Engineering e Mathematics). “Perché ci sono tante (più o meno) donne che entrano nelle facoltà scientifiche e tecnologiche e poche che raggiungono i vertici dei centri di ricerca?” Si chiede.
E se lo chiedono in tanti questa settimana, visto che l’11 febbraio è la Giornata Internazionale per le Donne e le Ragazze nella Scienza.
Quella che voglio proporvi è un’analisi data driven delle presunte disuguaglianze di genere nella ricerca scientifica. Dico presunte perché, come vedremo insieme, in questo campo dominano pregiudizi e dicerie. E nulla è davvero come appare.
dice dal palco il personaggio di Giordano mostrando grafici e dati.
Dalle curve risultava chiaro che una differenza di potere fra uomini e donne nella ricerca scientifica esisteva davvero: se non in termini di retribuzione, sicuramente in termini di rappresentazione. Per esempio, la percentuale di uomini fra i relatori di punta ai convegni internazionali era molto più alta.
[…]
Secondo quei dati, le donne entravano nel mondo scientifico con le stesse identiche opportunità dei maschi, ma rapidamente restavano indietro. Se nel passare gli esami universitari si erano dimostrate dotate quanto i colleghi uomini, anzi perfino di più, le loro performance nella ricerca si degradavano in fretta. Da un certo punto in avanti le curve divergevano e la qualità media delle pubblicazioni delle donne risultava sempre inferiore a quella degli uomini.
Tasmania è un romanzo, ma probabilmente nella conferenza della fiction il grafico che Giordano ha messo nelle slide del suo personaggio si ispira a questo (fonte):
La linea della percentuale della presenza di donne, sia quella relativa al 2018 che al 2015, cala all’aumentare del titolo di studio e dei contratti di ricerca e insegnamento. Quella degli uomini sale.
Ma invece di chiedersi quali siano le cause strutturali che fanno uscire le donne dalla carriera universitaria o che vedono un divario percentuale di 10 punti nell’ottenere un posto di lavoro rispetto ai loro colleghi uomini, fa una classica correlazione spuria, degna di finire nel sito di Tyler Vigen : le scienziate avevano meno successo in ambito scientifico perché erano, in media, meno capaci, dice davanti a migliaia di persone nella finzione narrativa del romanzo. Ha le sue ragioni per esporsi così e, ovviamente, rovinarsi la carriera.
Ma probabilmente nessuno gli aveva mai fatto vedere numeri come quelli raccontati in questo pezzo:
o nemmeno questi (fonte):
La questione delle “donne nelle Stem” è la stessa questione delle donne ai vertici delle aziende. Non mi risulta ci siano giornate per “le donne direttrici di giornale” o “donne reporter di guerra”, ma le conclusioni sarebbero le stesse.
Sì, perché c’è la questione role model, ma poi anche il resto.
In un tweet l’altro giorno la Rai presentava il documentario su Fabiola Gianotti, direttrice del CERN di Ginevra, chiedendo “Come si diventa una delle donne di scienza più importanti del mondo?”
Ho risposto tra me e me: probabilmente non avendo figli. Ho controllato su Wikipedia, in effetti Gianotti non ne ha.
Essere il genitore che è il primario caregiver dei propri figli è un altro lavoro.
Quando da ragazzina leggevo i reportage di Ryszard Kapuściński o di Oriana Fallaci e mi dicevo che non sarei mai potuta diventare come loro pensavo sì alla bravura, ma anche al fatto che non capivo come avrei potuto conciliare l’avere una famiglia con il viaggiare moltissimo. Forse avessi letto la maternità raccontata da Francesca Mannocchi in “Bianco è il colore del danno”, lei che reporter di guerra lo è diventata, sarebbe stato diverso sognare, chi lo sa.
La questione “donne nelle Stem” esiste perché esiste la questione “donne che scelgono carriere che permettono loro di occuparsi della famiglia senza andare in burnout subito (ci vanno comunque, ma dopo)” e perché più un ambiente resta esclusivo di una nicchia, quella maschile in questo caso, più il luogo di lavoro rimane ostile a chi non ne fa parte. Chiedetelo a chi ha deciso di provarci comunque. Seguite gli eventi di She is a scientist di questa settimana.
Lo sponsor della settimana è: ReCommon
Dopo i video sull’ente che usa soldi pubblici per finanziare coperture assicurative di multinazionali che operano in contesti di rischio e aprono nuovi cantieri per ricavare combustibile fossile, quello sui dati degli extraprofitti dell’indotto petrolifero e sulle parole che devi conoscere per approfondire il tema della finanza fossile, con ReCommon facciamo una diretta con i campaigner ed esperti dell’associazione in cui puoi fare loro TUTTE LE DOMANDE che ti sono rimaste lì e vuoi approfondire :)
Ci vediamo domani alle 13!
La dataviz della settimana
Il grafo di 12.677 norme Italiane creata da Marco Cimolai, con la spiegazione di come ha fatto. Da esplorare, ma solo da desktop (e l’idea è geniale):
Tour e segnalazioni
Ieri 7 febbraio mi sono divertita a chiacchierare con le attiviste di Fuzzy Brain a proposito di algoritmi, dati e intelligenza artificiale. Parliamo anche di chi ha la responsabilità perché il processo della realizzazione di un algoritmo non contenga bias e stereotipi. Vieni ad ascoltarci.
Il 2 marzo sono a Milano al Diversity Brand Summit, con uno speech sui dati per l’inclusione. Non vedo l’ora di abbracciare tante persone che saranno sul palco!
Il 7 marzo presento Dentro l’Algoritmo alla libreria Golem di Torino.
Il 10 marzo invece lo presento alla biblioteca comunale di Sirmione.
Vuoi portarmi in tour? Scrivimi!
Grazie di aver letto fino a qui, ci leggiamo mercoledì prossimo!
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[NB: Questa newsletter è stata riletta e corretta dalla super Magda Basso. Se ci sono errori li ho fatti io aggiungendo cose prima dell’invio.]