La guerra dei dati sull'aborto negli Stati Uniti
I conservatori e i gruppi anti-scelta vogliono usare i dati per perseguire penalmente chi pratica l'IVG.
In questo numero: cosa succede con i dati che riguardano le donne che vorrebbero accedere all’interruzione di gravidanza negli Stati Uniti.
Ma fatemi presentare lo sponsor di oggi: torna a sostenere la newsletter Fight The Stroke, fondazione nata dall’idea di Francesca Fedeli e Roberto D’Angelo per sostenere la causa dei giovani sopravvissuti all’ictus e con paralisi cerebrale infantile, come il loro Mario. È il momento di pensare a chi destinare il 5x1000 e ci sono ottime ragioni per scrivere il codice fiscale di FTS nella vostra dichiarazione dei redditi. Ve le racconto sotto.
Ora, a noi.
Le persone genereranno una mole enorme di dati. […] Qualunque cosa tu abbia visto o sentito o vissuto potrà essere cercata. Tutta la tua vita diventerà ricercabile.
Larry Page, fondatore di Google, citato da Shoshana Zuboff (Il capitalismo della sorveglianza)
I dati (contesi) sull’aborto negli Stati Uniti
Ci sono tanti esempi di discriminazione con i dati che non sono finiti nel libro e uno di questi riguarda la possibilità di praticare l’interruzione di gravidanza negli Stati Uniti dopo l’annullamento della sentenza Roe vs Wade, che inseriva il diritto all’aborto nella costituzione.
Per chi avesse perso i fatti salienti, a seguito della sentenza Dobbs contro Jackson Women's Health Organization, del 24 giugno 2022, il potere di decidere sulle leggi sull'aborto è passato ai singoli stati federati. Molti di loro avevano già preparato delle "leggi grilletto" che avrebbero vietato l'aborto non appena fosse cambiata la precedente decisione della Corte Suprema in Roe contro Wade, cosa che è effettivamente accaduta.
E quindi oggi abbiamo due livelli di discriminazione o meglio, di oppressione in atto:
il primo avviene con l’utilizzo dei dati digitali personali delle pazienti che si recano in una clinica o in un ospedale per accedere a una IVG;
il secondo, con la raccolta dati istituzionale da parte delle singole cliniche come richiesto dagli stati o dagli enti amministrativi delle città.
La sorveglianza intima, via Google o la localizzazione del telefono
Al primo livello ci sono i dati condivisi dalle utenti nelle app del ciclo mestruale, quelli che Karen Levy, docente di scienze dell’informazione alla Cornell University, ha inserito sotto le pratiche definite di sorveglianza intima, oppure, i dati di localizzazione del telefono o quelli della cronologia di Google Maps.
In Idaho, per esempio, dove vige una legge particolarmente restrigente che punisce “il traffico di minorenni” che vengono fatte uscire dallo stato per praticare una IVG, la polizia può accedere ai dati dei telefoni delle persone coinvolte per localizzarle.
Racconto spesso che i dati possono discriminare quando NON ci sono, ed è forse il modo più semplice per individuare un’ingiustizia: se una comunità non viene rappresentata e contata, allora “conterà” poco anche per la politica. Ma non sempre la mancanza di dati è un problema per la comunità coinvolta, anzi, a volte è proprio questo a proteggerla. Pensiamo all’estrema datificazione dei nostri comportamenti, con i dati raccolti dalle aziende per ogni nostra interazione digitale (approfondita da Zuboff ne Il Capitalismo della sorveglianza), ma anche al modo in cui la politica e le istituzioni possono usare i dati per regolamentare i nostri diritti e decidere come sostenerli oppure reprimerli.
Ed ecco che arriviamo al secondo livello.
Usare i dati per ri-definire cos’è l’aborto
Esattamente un anno fa
denunciava nella sua newsletter Abortion, every day, che in Texas il movimento anti-scelta aveva messo in atto strategie per manipolare i dati sull’interruzione di gravidanza per dimostrare quanto fosse “dannosa” per la salute delle donne: non lo è, ovviamente, ma in assenza di studi e statistiche a sostegno di questa tesi l’unica mossa possibile era accumulare prove scientifiche false, chiedendo ai medici texani di inviare informazioni mediche private dei pazienti a un sito web gestito dallo stato, senza il loro consenso, per segnalare donne come affette da complicazioni post aborto, anche quando non si erano mai verificate. Ne avevo scritto per La Stampa.Oggi in Kansas i repubblicani stanno promuovendo un disegno di legge che obbligherebbe le cliniche a porre 11 domande alle pazienti sul motivo per cui stanno interrompendo la loro gravidanza e di segnalare poi queste risposte allo stato. La governatrice democratica Laura Kelly ha posto il veto a questa proposta, ma quello che non viene approvato in uno stato potrebbe ispirare altri conservatori in diverse giurisdizioni.
Il New York Times, parlando proprio di “guerra dei dati”, riporta che l'amministrazione Biden ha annunciato una legge per proteggere le informazioni riguardanti le pazienti e i fornitori di servizi per l'aborto, per impedire che vengano utilizzate per avviare indagini o perseguire penalmente chi pratica una IVG.
La legislazione è stata resa necessaria per impedire agli stati che limitano l'aborto di ottenere informazioni su pazienti che viaggiano verso stati dove l'aborto è legale e sulle cliniche che le trattano, ma protegge pure chi ha dato assistenza sanitaria negli stati di origine dei pazienti che hanno fornito loro cure mediche non correlate.
Nel New Hampshire, dove l'aborto è legale e dove storicamente non sono stati mai raccolti dati sull'aborto, il senato controllato dai repubblicani ha approvato un disegno di legge che richiede invece l’avvio di una procedura per la raccolta dati, compreso lo stato di residenza della paziente.
L'Illinois, che sostiene il diritto all'aborto, ha smesso di richiedere a ospedali e cliniche di segnalare dati specifici sui pazienti e ora raccoglie solo numeri aggregati "perché crediamo sia impossibile risalire a un singolo paziente", ha detto al New York Times Karen Sheley, vice consigliera generale per l'ufficio del governatore dell'Illinois.
Ma, attenzione, ha poi aggiunto:
I dati più sicuri sono quelli che lo stato non raccoglie mai.
E se arrivasse Donald Trump?
Jessica Valente riporta questo scenario nel futuro, e ci ricorda che
il Progetto 2025 — un piano d'azione dei conservatori che sarà attivato in caso di elezione di Donald Trump — include un'intera sezione sulla raccolta dei dati sull'aborto. Il piano propone di obbligare gli stati a fornire dati sugli aborti. E proprio come la legge del Kansas richiede, questi rapporti non includerebbero solo informazioni mediche, ma anche le "ragioni per cui le donne interrompono una gravidanza."
Secondo Valente la strategia dei conservatori è separare l’accesso all’IVG dalla salute riproduttiva della donna: quando parliamo di dati, ancora una volta, parliamo di contare e quantificare ma soprattutto di DEFINIRE. I gruppi anti-scelta e i legislatori stanno cercando di ri-definire l’aborto come una “intenzione” invece di un intervento medico, e in base alle domande che vengono fatte alle pazienti ma anche ai medici che lo praticano, questa ri-definizione può avvenire in modo impercettibile e veloce.
Mentre scrivevo questa newsletter Valente ne ha fatta uscire una (ieri), sullo stesso tema: l’uso dei dati e dei report per criminalizzare l’aborto sta aumentando, a partire dall’Indiana, dove il procuratore generale Todd Rokita è in prima linea nella promozione di questa iniziativa, facendo pressione affinché lo stato tratti i "rapporti di gravidanza interrotta (TPR)" allo stesso modo di un certificato di nascita o di morte:
Rokita sostiene di aver bisogno che questi rapporti siano resi pubblici per sapere esattamente chi perseguire.
Se potessi far uscire una dispensa da allegare al libro con nuovi casi di “dati che discriminano” non avrei dubbi su quale tema trattare.
Questa newsletter è sostenuta da: Fight The Stroke
Sono dieci anni che la fondazione Fight The Stroke lavora nel contesto della disabilità infantile con un approccio che la rende diversa da tutte le altre associazioni che ho intercettato (be’, non tutte, ok, ma le eccezioni sono davvero poche): non diffonde un messaggio abilista sul tema.
Cosa vuol dire abilismo?
Prendo spunto dal libro “Scrivi e lascia vivere” (Di Michele, Fiacchi, Orrù):
L’abilismo è un bias implicito, molto difficile da riconoscere e da accettare. È un modo di pensare, costruire e vivere il mondo a misura delle persone che non hanno impedimenti, fisici o di altro genere. (...) È un paradigma culturale e di pensiero che limita la possibilità di godere di una piena cittadinanza: si trasforma in barriere sociali, mentali e fisiche nei confronti di chi è considerato non abile. (...) Questo pensiero si traduce in linguaggio e in comportamenti che, per volontà o sciatteria, diventano microaggressioni.
Un esempio? L’inspiration porn, di cui purtroppo anche molto non profit fa uso, cioè mostrare le persone disabili come “eroiche” perché “conducono una vita normale nonostante la disabilità”.
Ecco, questo non succede con i progetti e le campagne di FTS. Ve l’ho raccontato mille volte, ma ci sono loro dietro il progetto Disabled Data, che ha portato alla pubblicazione del portale Disabled Data Monitor, a un approfondimento su Il Sole 24 Ore, a un tavolo di lavoro avviato con Istat e Microsoft, e all’espansione del progetto in Italia e in Europa tramite il bando Reinforcing.
Nel 2023 la fondazione ha continuato a sostenere i diritti delle persone con disabilità, anche oltre la paralisi cerebrale, e a contrastare ogni tipo di discriminazione, nella vita quotidiana, a scuola come sul lavoro, dando dignità alla tecnologia come abilitatore delle relazioni e del potenziale delle persone con disabilità. Leggo nel bilancio della fondazione:
Lo abbiamo fatto attraverso la promozione dei videogiochi e degli e-sports, come leva efficace per la riabilitazione, l’apprendimento, la socialità, i percorsi professionalizzanti; abbiamo fatto atterrare il progetto Inclusive Tech Lab, nella sua versione virtuale, in grado di fornire risposte adeguate alle nostre famiglie sull’uso consapevole della tecnologia per l’intrattenimento e gli apprendimenti.
La fondazione ha poi rafforzato il suo impegno nella ricerca scientifica, collaborando con reti nazionali e internazionali per esplorare nuove frontiere nella comprensione e nel trattamento della paralisi cerebrale. Attraverso progetti come l’Artificial Intelligence in Cerebral Palsy (AINCP), ha contribuito attivamente alla raccolta di dati e all'analisi delle migliori pratiche, aprendo la strada a nuove scoperte e approcci terapeutici.
Conosceremo ancora meglio e da più vicino la fondazione nelle prossime newsletter, ma intanto segnate il codice fiscale (97688330154) e andate a esplorare tutte le loro attività.
La dataviz della settimana
Quanto devono viaggiare le persone con utero negli Stati Uniti per praticare un aborto? Una mappa aggiornata di National Public Radio: con i nuovi ban in Arizona e Florida la distanza da percorrere per raggiungere una struttura che offre aborti legali dopo sei settimane di gestazione aumenta di oltre 200 miglia per 6 milioni di cittadinə.
Il tour di maggio, online e offline
Online: oggi 8 maggio alle 17 la mia voce allergica chiacchiera con i semiologi Gabriele Marino e Bruno Surace nella trasmissione Rosetta, curata e prodotta con il supporto del CIRMA-Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Multimedialità e Audiovisivo dell'Università di Torino.
L’Aquila, 9 maggio: alle 18:15 presentazione di “Quando i dati discriminano” alla Rassegna del libro scientifico in collaborazione con il GSSI presso la (bellissima!) libreria Colacchi.
Torino, 11 maggio: presento il libro al Salone del libro alle 10:30, bisogna prenotarsi qui.
Pinerolo, 11 maggio: alle 15.00 al Festival della Comunicazione di Pinerolo, in Sala Bonhoeffer intervengo in un panel sui pregiudizi nell’intelligenza artificiale. Ci sono crediti per giornalistə e insegnanti.
Al Senato e online, 16 maggio: dalle 16:30 intervengo alla plenaria organizzata dall’Intergruppo parlamentare sui diritti fondamentali della persona sul tema dell’antirazzismo, si potrà seguire online. Intanto è possibile contribuire alla realizzazione di un manifesto antirazzista lasciando la propria frase qui.
Milano, 18 maggio: sono al Festival di WeWorld insieme ad altre bravissime giornaliste, scrittrici ed esperte per raccontare le disuguaglianze nel mondo e qual è il ruolo di chi fa giornalismo.
Segnalazioni
Vi ricordo che entro il 10 maggio è possibile votare ai Diversity Awards “Se domani non torno”, il podcast in 5 puntate realizzato da Silvia Boccardi e Milly Ferrario, prodotto da Will Media, in cui trovate anche la mia voce in tema dati e femminicidi. Ci si mette pochissimo, e si passa di qua.
Per Internazionale ho passato un po’ di tempo con i dati di un sondaggio per sapere cosa pensano gli europei dell’UE, delle elezioni, della salute, dell’economia e della sicurezza, intervistando anche la bravissima economista Elena Granaglia.
Su La Stampa ho scritto dei dati sulla salute riproduttiva nel mondo.
E infine, una bella notizia da condividere: a due mesi esatti dall’uscita, Quando i dati discriminano, il mio ultimo libro scritto per Il Margine editore, è in RISTAMPA! Sono felicissima, perché lo state facendo girare, ne discutete in giro, vi è piaciuto e lo trovate utile.
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Ciao Donata,
sei informata di questa European Civic Initiative in tema di diritto all'aborto? https://bit.ly/sign-myvoice-mychoice.
Una voce come la tua può aiutare la sua diffusione. Grazie
Grazie. Sembra di stare in una distopia e invece è tutto vero. 🙈