Ciao,
ho mandato l’AI che scrive questo prologo alle terme. Partiamo subito con il tema della settimana 🥤
Impazzire per i dati
Sono in una sala affrescata di Palazzo Cassetta*, a Roma, davanti a me circa 50 persone che lavorano nel settore comunicazione per diverse associazioni non profit italiane. Spiego che i dati, nel mondo da cui vengono loro (e pure io), abbondano, ma ogni reparto li usa per sé: chi li raccoglie e li usa per fare progetti non li passa a chi comunica, che quindi, se fa marketing e fundraising, non li sfrutta per uscire dagli stereotipi pietistici che sfruttano il cosiddetto poverty porn per aumentare le donazioni. Foto di bambini bisognosi invece di grafici altrettanto esplicativi delle condizioni di vita delle persone di cui si occupano, per esempio.
Con le mie fedeli slide alle spalle, fresca di newsletter della scorsa settimana, parlo però anche del pericolo di una singola storia raccontata da un solo dato, e di come sia facile fare i grandi titoli con i numeri che mettiamo nei comunicati stampa.
Vedo teste annuire e una persona mi conferma ad alta voce:
“È proprio vero, i giornalisti impazziscono per i dati!”
Il numero, soprattutto nel titolo di una notizia, è un potente trigger. Altro che razionalità, i dati ci scaldano, ci fanno arrabbiare, preoccupare, può assalirci tristezza, malinconia o gioia e allegria mentre li leggiamo. Vale per le statistiche e per i grafici.
Se li associamo a rigore, pensiero analitico, è solo perché non abbiamo esplorato bene gli altri effetti, scrivono gli autori di Un Dato di Fatto (Francesco Brioschi Editore):
Nonostante la pervasività delle emozioni nella vita di ciascuno e la rilevanza delle stesse nel dibattito filosofico e psicologico da Aristotele in poi, le discipline economiche e manageriali si sono per lo più focalizzate sugli aspetti cognitivi piuttosto che emotivi del processo decisionale. Le modalità attraverso le quali le emozioni interagiscono con il dato a vari livelli (dall’individuale all’organizzativo), nonché le implicazioni di tale interazione rimangono delle questioni solo parzialmente esplorate.
Nelle puntate dedicate ai binarismi abbiamo smontato il contrasto minimalismo-razionalità, o minimalismo-oggettività del dato. Anche il dato “grezzo” (tante virgolette) o la statistica enunciata da un politico o da un giornale, ci porta a provare emozioni:
Scuola, un docente su tre non vuole fare i test sierologici
Ve lo ricordate questo titolo? È del 26 agosto 2020, l’ho recuperato dal Corriere ma quasi tutti i media riportavano la stessa proporzione. Un titolo forte che, probabilmente, se sei genitore, ti ha fatto montare la rabbia dopo aver aspettato di capire se ci fosse un qualche piano per riaprire le scuole dopo mesi di chiusura pandemica, ed ecco che questi scansafatiche, i docenti, 1 su 3, non vogliono farsi testare.
Da dove arrivava quel dato? “In base ai dati del personale che abbiamo contattato direttamente, visto che da giovedì scorso ci sono stati forniti gli elenchi, c’è un terzo degli insegnanti che si sottrae”, dice il vicesegretario della Federazione dei medici di famiglia Domenico Crisarà.
Non c’è una base del campione. Non viene nemmeno chiesta. Non c’è razionalità nella gestione di questa notizia da parte di chi la sta scrivendo, figuriamoci in chi la legge o la vede condivisa sui social (dove spesso leggiamo solo i titoli).
Al di là del senso di fare un test sierologico prima del rientro a scuola (probabilmente nessuno), quell’1 su 3 aveva troppo appeal per poter essere lasciato in disparte, e infatti secondo BuzzSumo l’articolo del Corriere ottiene ben 18mila interazioni su Facebook.
I dati creano engagement.
Ieri trovo questo pezzo del Sole24Ore che titola così:
Allarme manodopera: mancano all’appello 534mila lavoratori, 80mila sono stranieri
Il titolo non mi convince per nulla, fatico a capirne il senso. I numeri però arrivano da un Rapporto della Fondazione Moressa e mi viene un sospetto. Faccio una ricerca e in effetti ho poi la conferma: nel comunicato stampa quelle statistiche compaiono già nel sottotitolo, pur riportando altri dati molto interessanti nel testo. In giorni in cui si dibatte sugli arrivi via mare, le irregolarità, le richieste asilo, il rapporto di questa fondazione fa luce su un fenomeno che avrei evidenziato molto di più, proprio a partire dal titolo. Per esempio, dando spazio a questi dati fin all’inizio:
Gli ingressi per lavoro in Italia (8,5 ogni 10.000 abitanti) rimangono a un livello molto più basso rispetto alla media Ue (29,8).
Sottotitolo: allarme immigrazione? Ma de che stiamo a parlà.
(Lo so, non me l’avrebbero approvato)
Le persone in Italia arrivano via mare perché non c’è altro modo. E come ho detto varie volte, insistere con chi vuole sfruttare una certa narrativa della crisi, dell’emergenza, nel guardare ai numeri degli sbarchi, serve a poco. Bisogna spostare l’attenzione. Anche aiutando noi giornalistə a usare i dati per uscire dal circolo vizioso della polemica che, molto sovente, parte sempre dalla solita singola storia.
*ASTERISCO
Ho scoperto la storia di Palazzo Cassetta e volevo mettervela qui: la struttura più antica risale alla residenza vicino a Santa Maria Maggiore del patriarca di Antiochia, e un tempo era collegato alla basilica tramite un cavalcavia (!!!). È stato costruito tra il 1187 e il 1191, nel 1294 qui dentro si tenne il conclave che elesse papa Celestino V e nel 1610 Paolo V lo fece abbattere per aprire via Paolina e via dell’Olmata. Le sale dove siamo stati giovedì scorso fanno parte del palazzo che è stato ricostruito a fine 600 e ritrasformato nell’800. Per le persone più curiose la vicenda è tutta qui.
La dataviz della settimana
Non una, ma 150mila. tante sono le mappe in questo archivio storico liberamente consultabile online. Lo so, dovete lavorare, ma una pausa di 3-4 ore da passare qui dentro si può fare, no?
Tour, dal vivo e online
Il 18 novembre sono a Faenza nella splendida biblioteca Manfrediana per presentare Ti Spiego il Dato nell’ambito del progetto The Third Reading Age.
Il 19 novembre per BookCity ci divertiamo al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano all’evento “Hasta la digitalizzazione siempre! Oggetti del Museo, rivoluzioni ed eroi digitali”. Insieme a me Gabriele Balbi, Simona Casonato e Roberta Spada.
Il 21 novembre intervengo a un seminario universitario all’Aquila dal titolo Gender Equality & Artificial Intelligence, io parlo di come un approccio femminista ai dati può aiutare la diffusione della data literacy.
Il 30 novembre presento il libro nuovo - che arriva il 23! - a Bologna, nell’ambito del Festival la Violenza Illustrata.
Link di cose scritte, parlate, lette e ascoltate
(mio, libero accesso su La Stampa) Dove sono i dati che riguardano le donne, quando parliamo di diritto alla casa? Se non hai tempo di leggere sappi che…non ci sono.
Podcast/1. Per settimane non ascolto nulla e poi arrivano giornate con lavori compilativi che mi permettono di “accendere la radio” e seguire quello che dicono le persone. I podcast sono la nuova radio - per me - e quindi ieri ho ascoltato due episodi di Giornaliste, curato da Annalisa Camilli, in cui giornaliste o scrittrici di oggi raccontano le vite di intellettuali o reporter del passato che sono state importanti per loro. Per ora ci sono Susan Sontag e Dorothy Parker.
Podcast/2. Proprio perché sono cresciuta con la radio sempre accesa in casa, anche durante i compiti e lo studio, la tipologia di podcast che amo di più è quella delle chiacchiere fatte bene. Quelle che… sembrano cazzeggio ma poi impari qualcosa, sempre. Credo che Giada Arena possa essere definita la queen assoluta di questo genere, con il suo Nuda e Cruda, e l’ultima puntata con ospite Piuttosto Che, Pierluca Mariti, è una perla.
Serie tv. Io e Alice Fadda abbiamo lanciato un appello: guardate The wedding season su Disney+, perché altrimenti non ci fanno la seconda stagione. È una crime rom-com, stile Desperate Housewife ma veloce, molto veloce, drammatica e divertente. Poi ci dite.
Libri. Sono tornata a leggere narrativa, dopo una bulimia di saggi per lavoro, e narrativa bella che mi va di prestare alle persone che passeranno a casa mia nei prossimi giorni (ciao suocera, mamma, sorella). In particolare Addio, a domani di Sabrina Efionayi (ci faranno un film, vero?), Tutta intera di Espérance Hakuzwimana (entrambe Einaudi) e Domani interrogo di Gaja Cenciarelli (Marsilio), che ho amato molto, tanto che mi sembra di essere ancora in classe con quella quinta A ogni tanto.
Blog. Perché ad attirare odio online sono soprattutto le donne, un certo tipo di donne? Ne scrive Loredana Lipperini, qui.
Corsi. Ho seguito con piacere (anche perché sono un po’ indietro con i crediti) la prima parte del corso di Data Journalism curato da Sonia Montegiove (dietro il progetto Mai Dati sull’aborto) sulla piattaforma dell’ODG. Ben strutturato, utile e gratuito. Poi da quando ho scoperto che preferisco seguire video e audio a 2x ho fatto pace con la formazione online self paced.
E per oggi ci siamo.
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Al prossimo mercoledì!
È veramente un grosso tema. La data literacy è qualcosa a cui prestiamo 0 attenzione (nella scuola e in tutti i process di istruzione), e invece è oggi un'abilità essenziale. Fondamentalmente non saper leggere i dati e affidarsi al numerello visto da qualche parte rientra nell'analfabetismo funzionale. Quello che possiamo fare è continuare a farlo presente, magari ci vuole ancora qualche decade!