I dati sulla violenza di genere sono un proxy prezioso
Perché senza di loro sapremo molto poco della violenza su bambini e bambine
In questo numero: i dati proxy sono molto usati nella ricerca sociale, sanitaria ed economica perché spesso il fenomeno che si vuole misurare è difficile da osservare direttamente. Qui racconto come le statistiche sulla violenza contro le donne sono una porta spalancata su quella che subiscono bambini e bambine.
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Le prossime date dove possiamo incontrarci:
25 giugno, Ravenna: stasera ci vediamo alle 21 per la presentazione del mio libro “Quando i dati discriminano” al Fem Garden, in via Rocca ai Fossi.
2 luglio, Roma: arrivano dettagli, ma dovrei essere alla terza edizione di Porticiak con Daniela Collu e Giulia Caminito, per parlare di femminicidi e violenza di genere.
17 luglio, Torino: presento il mio libro “Quando i dati discriminano”, presso la sede dell’associazione culturale Comala.
Collectivities that are not being measured and modeled are preserved, if at all, only accidentally.
Lisa Gitelman, Raw Data Is an Oxymoron (2013)
Senza i dati sulla violenza contro le donne sapremo molto poco della violenza su bambini e bambine
Non avremo i dati. Non tutti, almeno.
Lunedì 16 giugno l'Istat ha presentato i primi passi per la creazione di un database integrato che monitori le diverse violenze che colpiscono i bambini, il progetto DORA (Data integratiOn for acknowledging Risks And protecting children from violence), finanziato dalla commissione europea.
Ho ascoltato tutte le 4 ore di conferenza: il processo di costruzione di banche dati inesistenti, la strutturazione delle domande e delle definizioni per arrivare a riempire righe e colonne per me è come immagino possa sentirsi una persona che ama l’architettura e il design e va a vedere una mostra di modellini e progetti che hanno portato alla costruzione finale dell’edificio. Altro che raccogliere i dati - come le more nei boschi, come dico sempre - qui c’è una catena di montaggio bella strutturata e ad ascoltare esperte ed esperti descriverla con passione e dettagli si impara molto sul fatto che “i dati grezzi non esistono”.
Una delle cose che torna a ossessionarmi anche dopo aver scritto un pezzo per Sky sul tema è che per fortuna la comunità internazionale ha iniziato a chiedersi come fermare la violenza di genere, riconoscendo che si trattava di una specifica forma di violenza che colpisce appunto le persone di un genere specifico. Per fortuna dalla dichiarazione ONU sull’eliminazione della violenza contro le donne del 1993 in poi, fino alla Convenzione di Istanbul del 2011, i vari governi hanno messo in atto leggi per contrastarla, e per fortuna le altre agenzie come l'Oms e l'Unodc hanno iniziato a predisporre linee guida per la raccolta dati.

E per fortuna all’Istat avevamo persone come Linda Laura Sabbadini e Maria Giuseppina Muratori che hanno accolto, anzi, hanno contribuito al dibattito internazionale sulla raccolta di questi dati e hanno avviato indagini periodiche sulla sicurezza delle donne, come quella del 2006 e del 2014, e quella in corso quest’anno.
Tutta questa “fortuna” - che ovviamente in realtà è un processo politico dove i movimenti femministi hanno dato grandi spinte alle decisioni istituzionali - che vi ho descritto ha un impatto diretto su un’altra fascia della popolazione.
“Ringraziando l’elevata sensibilità sviluppata negli ultimi anni sulla violenza contro le donne”, ha osservato Giancarlo Ragozini, docente di statistica sociale all’università di Napoli, “abbiamo potuto utilizzare alcune di queste fonti per stimare la violenza contro i minori”.
È infatti attraverso le testimonianze delle madri che emergono molti dati: senza le indagini sulla violenza di genere, il fenomeno minorile resterebbe quasi completamente invisibile.
(dal pezzo per SkyTG24)
I dati della violenza di genere funzionano quindi come proxy, perché pur non essendo raccolti con l’obiettivo di misurare la violenza sui minori, ci permettono comunque di stimarla in modo indiretto. Per esempio anche facendo indagini retroattive, per capire chi ha subito violenza in passato.
Cos'è un dato proxy
Un proxy è un dato “segnalatore” o “sostituto” che rappresenta un fenomeno difficilmente osservabile direttamente. Nel caso della violenza sui minori, spesso non esistono indagini dirette o i bambini non riescono a raccontare quello che subiscono.
Ma le madri che denunciano violenza (al 1522 o nei centri antiviolenza, se non direttamente alle questure) spesso parlano anche dei figli coinvolti: bambini e bambine che hanno assistito, subito, o sono stati danneggiati dalla violenza.
Incrociando i dati del 1522 e dell’indagine sulla sicurezza delle donne, si stima che tra il 2013 e il 2016 oltre 5 milioni di minori abbiano assistito ad almeno un episodio di violenza domestica.
Di questi, almeno 1 milione l’avrebbe subita direttamente. Ma l’82% delle donne che si rivolgono al 1522 non presenta denuncia. E nei casi in cui è presente un figlio, la probabilità di non denunciare aumenta.
Il sommerso, quindi, è concentrato proprio dove vivono i minori, e questo viene confermato dalla testimonianza di Raffaella Milano, di Save the children, per cui è particolarmente importante insistere sul tema della consapevolezza, oltre che sulle definizioni:
“Abbiamo donne che denunciano il marito violento quando iniziano il percorso in un cav ma dicono che è un ottimo padre, che non ha mai toccato i figli, senza considerare invece il peso della violenza assistita e l’impatto sulla vita dei minori”.
I dati portano consapevolezza, ma la consapevolezza e il coinvolgimento di diversi soggetti, dalle forze dell’ordine agli operatori sanitari, dalle famiglie alle scuole, dai pediatri ai servizi sociali, aiuta a raccogliere dati migliori.
Per un approfondimento:
il video della conferenza Istat (ci sono anche tutte le presentazioni)
il sito del progetto Dora.
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