Fa caldo, troppo. Ma dove sono i dati?
Anche se la crisi climatica è datificata, mancano i dati per agire
Questa è l’ultima newsletter della stagione. Sono stati sei mesi molto ricchi, di contenuti e di community, perché grazie agli abbonamenti la newsletter auto-sostiene i contributi esterni, come quello di
sul calcio femminile, il bellissimo reportage da Lisbona sull’azione di mappatura dei bagni pubblici di Roberta Cavaglià, il gender gap nella chiesa raccontato da , i dati sulle violenze ostetriche riportati da .Vi consiglio davvero di recuperarli.
A luglio e agosto potreste comunque ricevere delle lettere estemporanee di TSID. Una versione estiva senza link, da leggere sul telefono, all’ombra. Ma la programmazione regolare riprende a settembre, o anche prima, perché ormai come sapete c’è un libro che uscirà a fine estate e qui sarete tra le prime persone a ricevere l’annuncio ufficiale :)
Domenica 6 luglio esce anche il numero extra del weekend, speriamo vi trovi al fresco.
Sei tra le 12068 persone che leggono la newsletter. Nell’ultima puntata abbiamo parlato di come l’aumentata sensibilità sulla violenza maschile contro le donne abbia aiutato le istituzioni a trovare dati sulla violenza contro i minori.
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Le prossime date dove possiamo incontrarci:
2 luglio, Roma: STASERA alle 19 alla terza edizione di Porticiak con Daniela Collu e Giulia Caminito, per parlare di femminicidi e violenza di genere.
4 luglio, Chiusi: al Lars rock fest per parlare di gender gap nella musica e come leggere i dati sui gap, in generale. Con Domitilla Marzuoli e Federica Pezzoni.
17 luglio, Torino alle 19: presento il mio libro “Quando i dati discriminano”, la sede dell’associazione culturale Comala, con
<328 luglio, online: l’ultimo appuntamento del Data Book Club, discutiamo di Tecnologia della rivoluzione di Diletta Huyskes.
È come se le ondate di calore ci avessero fatto finire in un tunnel cognitivo: sottovalutando il problema, non raccogliamo abbastanza dati. Senza dati, continuiamo a sottovalutare il problema. Quelli che sarebbero utili arrivano con anni di ritardo. E intanto le persone muoiono.
Ferdinando Cotugno, Il caldo è un’emergenza sociale e sanitaria (su Domani)
Fa caldo, troppo. È a-normale.
Nel senso statistico del termine.
Ho ricominciato a scrivere questa newsletter tre volte. Ho l’aria condizionata accesa e un mal di testa che non mi lascia da quando mi sono svegliata. Se la spengo, come faccio ogni 10 minuti, il mal di testa arriva per il caldo. Da giorni (esattamente 5) a Roma la temperatura supera i 35 gradi. Ma è successo altre 3 volte nel mese di giugno, e il bollettino delle ondate di calore emesso dal ministero, qui sotto elaborato da onData, dice che ne avremo per altri due.
Le città del nord, come vedete, non vanno meglio di quelle del centro o del sud.

Domenica ho implorato la famiglia di portarmi ovunque ce ne fossero anche solo 30°, e siamo riusciti ad arrivare dove ce n’erano 26°, a un’ora e 20 da casa, perché abbiamo il privilegio di possedere una macchina.
Non è normale, ci ripetiamo da anni, eppure lo stiamo normalizzando.
Io stessa, al telefono con mia mamma parlando del primo giorno dei centri estivi dei ragazzini e del mio timore di trovarli evaporati, nel pomeriggio, le ho detto
“be’, anche quando facevo l’animatrice io si moriva di caldo, no, in quel cortile tutto cemento della chiesa?”
No, in effetti no.
La temperatura media dal 1971 al 2001 a giugno a Torino era di 20,8°C, quest’anno è stata di 24,7°C, superando il record storico del 2003, anno di non ritorno, quello della mia maturità, con la media a giugno di 24,3°C e più di 74 giorni estivi caldi, cioè con la temperatura massima sopra i 30°.
“In quel cortile i centri estivi non si fanno più”, conferma mia mamma.
Stamattina ho letto un pezzo del giornalista Ferdinando Cotugno su Domani, proprio su questa tendenza alla normalizzazione, al credere che non sia mai stato diverso:
Secondo il più citato studio di attribuzione sul tema (World Weather Attribution e Croce Rossa), il cambiamento climatico ha aggiunto un mese in più di caldo estremo all’anno alla vita di quattro miliardi di persone. La nostra mente si adatta più velocemente del nostro corpo: ormai siamo convinti che giugno sia sempre stato così, ma non è sempre stato così.
scrive.
Ne avevo già parlato e mi ero chiesta: dove sono i dati sulla nostra salute legata alla crisi climatica?
I dati ci sono, ma sono vecchi di due anni e non servono per prendere decisioni immediate, scrive Cotugno, che intervista Dasgupta Shouro, ricercatore che studia l’impatto della crisi climatica sulla salute:
«L’alternativa è migliorare la raccolta dei dati che arrivano dagli ingressi in ospedali e pronto soccorso, creando uno standard nazionale per registrarli come ricoveri da ondata di calore. Sarebbe fondamentale che l’Italia lo facesse, visto che è vulnerabile sia da un punto di vista climatico che demografico, col suo terzo di popolazione sopra i sessantacinque anni».
In effetti, il presidente della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (SIMEU) ha segnalato che gli accessi per colpi di calore sono stati dal 5 al 20% in più, in queste settimane. Ma questi dati non sono prodotti e pubblicati in modo sistematico.
Non è più una questione di orsi polari senza calotta, ma di vita quotidiana, impossibile da vivere, ogni anno peggio. Lo scrive una che ama l’estate (sì, anche nel disagio), ma che non riesce più a capire come potrà passare giugno e luglio (e settembre?) in città con due bambini.
Mentre scrivo ascolto la trasmissione di Radio3 Scienza in sottofondo: si parla di rifugi climatici, un tema che è spuntato fuori anche nella nostra chat di onData qualche giorno fa. Presto più attenzione e sento dire, giustamente, che oltre a mappare i vari luoghi pubblici che possono diventare rifugi climatici come hanno fatto Bologna, Torino, Milano e Firenze, sarebbe necessario verificare e mappare come si raggiungono quei luoghi. Ci sono viali alberati per arrivarci?
Chi può entrarci, come?
L’idea non è nuova. In Spagna, Barcellona ha una rete di 400 rifugi climatici, dove rifugiarsi sia in caso di caldo che di freddo estremo. A Phoenix, in Arizona, i ricercatori hanno sperimentato con l’asfalto colorato per ridurre il calore del centro urbano. A Singapore si cerca di ridurre gli effetti dell’isola di calore cittadina come si può:

Mi stupisce però che ogni anno ci troviamo senza strumenti e senza indicazioni, senza un vero piano governativo, anche per le scuole.
Di recente ho elogiato la possibilità partecipare gratuitamente a laboratori estivi nelle scuole primarie, previsti dai fondi strutturali europei, ma molte persone che lavorano nell’ambito dell’istruzione hanno espresso preoccupazione per la questione… caldo.
Come si fa a tenere aperte le scuole 3-4 settimane in più, se le strutture non sono adeguate a questo “nuovo” clima?, si chiedono.
Ho osato proporre di cominciare da un dataset, un foglio excel in cui segnalare tutte le scuole e le infrastrutture, per capire che tipo di interventi richiedere o promuovere.
Mi è stato risposto che la scuola di oggi ha tanti problemi, e non si risolvono con una tabella.
Risolvere no, ma almeno potremmo vederli, questi problemi, e prenderne in mano uno per volta. Perché il clima non è “nuovo”.
Il condizionatore in ogni classe, tra l’altro, non è sempre il modo migliore per rinfrescare un ambiente. Ripenso alle strade scolastiche, e a cosa vorrebbe dire circondare gli edifici di alberi e di verde invece che di automobili. Una bravissima prof mi segnala poi che a Singapore un team di ricerca ha progettato una vernice che “suda” per abbassare la temperatura interna degli edifici.
Le ondate di calore non riguarderanno riguardano più solo i mesi estivi, ma giugno, e probabilmente maggio e settembre. Che facciamo, chiudiamo le scuole ad aprile, o ripensiamo tutto, ADESSO? Cominciamo a produrre dati ADESSO?
Se vogliamo consolarci, anche gli indicatori degli SDG (gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) relativi agli obiettivi ambientali sono in ritardo nella raccolta dei dati. E una delle idee portate avanti dalle organizzazioni della società civile per colmare i gap è attivare mappature dal basso. I contro-dati che ci salvano. Anche dal caldo (forse).
I data-link della settimana
a cura di
[datanotizia] Il ricercatore Mohamed Foudad ha confrontato undici modelli climatici diversi per predire in che zone e in che misura l’innalzamento delle temperature globali aumenterà l’intensità delle turbolenze per chi si sposta in aereo. Daniel Wolfe del Washington Post ha trasformato questi dati in un bel pezzo interattivo dove puoi stimare quanto saranno “turbolenti” i tuoi viaggi quando la temperatura terrestre si innalzerà di due gradi Celsius (record che molto probabilmente batteremo prima del 2055).
[dataset] Un database aggiornato di tutti gli scioperi dei trasporti e dei servizi pubblici in Italia dal 2014 a oggi (via
, che in questa newsletter spiega anche come creare un alert con le news aggiornate sugli scioperi).[datatool] Google DeepMind ha rilasciato un modello sperimentale per prevedere formazione, traiettoria, intensità, dimensioni e forma dei cicloni tropicali. In questa pagina web puoi confrontare le sue previsioni attuali e passate con quelle di altri modelli, tra cui quello del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (conosciuto con la sigla in inglese ECMWF).
La dataviz della settimana
Tenere acceso il ventilatore di notte sarà l’ultima decisione che prenderai nella tua vita? Ma anche: i tori odiano il colore rosso? La Muraglia Cinese si vede dalla luna?
Information is beautiful ha raccolto questi e altri miti, li ha catalogati per ambito (cibo, religione, storia, etc.) e ha analizzato la sua diffusione online in termini di ricerche su Google.
Il risultato è Common MythConceptions, una dataviz interattiva che non solo rappresenta, tramite le dimensioni di ogni “bolla”, la diffusione di ogni credenza, ma include una breve spiegazione sul perché si tratta di notizie false.
Cliccando su ogni immagine puoi anche accedere alle fonti che hanno permesso alla redazione di sfatare ogni mito (e per trasparenza qui trovi anche un Google Sheet con i dati che hanno usato).
Grazie di averci lette fino a qui, ci sentiamo domenica!
Grazie per la menzione! A proposito di rifugi climatici e soluzioni per la mitigazione, c’è anche il bellissimo progetto di Medellin in Colombia, dove le autostrade sono state trasformate in corridoi verdi abbassando la temperatura di 3 gradi in modo naturale (e senza problemi per la mobilità). Non parliamo di aiuole ma di pezzi di foresta ricreati nel cuore della città. A guidare gli amministratori è stato un progetto universitario: qui la politica si è affidata intelligentemente alla scienza, ai dati, agli esperti. Un servizio recente di Presa Diretta 👇
https://youtu.be/zrz2KkZs4SI?si=6s7Vsp20Bqg9dU-r