Due storie dal censimento USA e... ho scritto un nuovo libro
Si intitola "Quando i dati discriminano", esce la prossima settimana e lo anticipo qui
Non vedevo l’ora di poter dare questo annuncio: negli ultimi mesi del 2023 ho scritto un libro sulle discriminazioni prodotte dai dati, esce l’8 marzo ed è stato pubblicato dalla casa editrice Il Margine.
Analizzando la storia dei dati e della statistica, ma anche del design, provo a capire perché ci ostiniamo a vedere i dati come elementi neutri in un discorso pubblico, in politica, nell’attivismo, sui media: c’entra la loro etimologia, c’entra il modo in cui abbiamo sempre percepito l’oggettività nel contesto scientifico. C’entra il fatto che abbiamo escluso i corpi dalle statistiche, considerando spesso solo la loro “produttività” economica, non come si muovono nel mondo, nelle città, in famiglia, a scuola, nell’ambito sanitario.
È stato un lavoro che ho portato avanti secondo la solita proporzione leggi 100: scrivi 1, ma in questo caso le scintille che hanno innescato più idee le ho trovate in testi che non c’entravano direttamente con il tema dei dati. Troverete citazioni dal libro di Beatrice Vasallo sul poliamore, ma anche dalla lettera dello scrittore afroamericano Ta-Nehisi Coates al figlio quindicenne.
Il libro si può pre-ordinare nelle librerie di quartiere o in quelle online, io non vedo l’ora di parlarne in giro.
Comincio il 20 marzo al bookclub di Will Media a Roma, con Francesco Zaffarano, e la prossima settimana avrò un link e un codice per prenotarsi con priorità.
Il dato in natura non esiste, non possiamo «raccoglierlo» se non viene prima prodotto. Ma se la natura in qualche modo senza il nostro intervento può produrre frutti e fiori, con i dati questo non succede mai. Perché allora siamo ancora molto legati a espressioni come «lo dicono i dati» o «data driven» come bollino di qualità di un progetto, un report, o persino di un programma politico?”
Quando i dati discriminano (in libreria l’8 marzo)
Portiamocela via: i dati non sono neutri.
Sono costrutti sociali, sono situati, dipendono dal contesto, dalle persone che sono nella stanza in cui si decidono le domande di indagine, dagli obiettivi che si hanno prima di raccoglierli, durante l’analisi e come vengono rappresentati.
Qualche settimana fa negli Stati Uniti è stata scongiurata la cancellazione di 10 milioni di persone disabili nel paese, in particolare donne e ragazze. No, nessun omicidio di massa all’orizzonte, solo una questione riguardante il censimento della popolazione. A dicembre infatti l’ufficio nazionale di statistica ha comunicato che le domande del censimento che avrebbero dovuto fotografare la situazione delle persone disabili sarebbero state sottoposte a una revisione. Le associazioni di settore hanno subito organizzato campagne di sensibilizzazione dimostrando che con la modifica il conto ufficiale delle persone con disabilità sarebbe stato ridotto del 40%, aumentando l’invisibilità di una parte di popolazione già sottorappresentata dalle statistiche (problema che abbiamo anche in Italia, cercate il progetto “Disabled Data”). Si legge nel sito della National Partnership:
Lo U.S. Census Bureau aveva suggerito di passare dalle attuali sei domande con risposta affermativa o negativa dell'American Community Survey a una scala che va da "nessuna difficoltà" a "non è in grado di fare nulla" su compiti specifici per valutare il livello di disabilità. […] con questa modifica solo le persone che indicano "molte difficoltà" nel completare un compito o "non può fare nulla" sono contate come disabili, escludendo le persone che dichiarano di avere "qualche difficoltà", anche in più aree. Dal momento che la disabilità è dinamica, questa scala e il cut-off proposto avrebbero potuto escludere molte persone disabili. Una scala che considera le persone "non abbastanza disabili" per essere conteggiate non è coerente con la nostra attuale concezione della disabilità, e nemmeno con il modo in cui la disabilità è considerata dalla legge.
La revisione è stata resa pubblica e i cittadini sono stati invitati a esprimersi a riguardo con una consultazione: la mobilitazione ha funzionato e il 4 febbraio l’ufficio nazionale di statistica ha confermato che il questionario sarebbe rimasto invariato.
La consapevolezza di cosa vuol dire contare, nel senso di essere persone e cittadini che contano, che hanno un peso, come elettorato, è stata fondamentale in questo processo.
Di censimento e di cittadinanza parlo anche nel capitolo del libro in cui penso ai dati che mancano: storicamente far parte di un gruppo di persone marginalizzate significava non avere diritto di voto, cioè diritto di esprimere la propria opinione, ma comunque di subire le decisioni prese da amministrazioni che consideravano solo le istanze dei cittadini di default (maschi, bianchi e con beni di proprietà, almeno prima del suffragio universale in molti stati del mondo).
Il corpo - scrivo nel libro - è alla base di molte discriminazioni prodotte dai dati e dall’esercizio del potere.
Se chi produce il dato è situato, posizionato rispetto alla sua condizione sociale, politica, ma anche rispetto al corpo che abita, dobbiamo togliere dal nostro immaginario legato alla produzione statistica, ma anche alla scienza dei dati l’idea di poter ottenere il rigore e la “pulizia” che viene insegnata anche come prassi quando si elaborano i dataset per ottenere una base da cui partire per un’analisi o per alimentare i sistemi di apprendimento degli algoritmi. Eliminare l’anomalia, l’outlier, non è un atto neutrale, ma una scelta, e come tale andrebbe insegnata.
[citazione da “Quando i dati discriminano” - giuro che l’autoreferenzialità finisce con questo numero]
I dati sono un linguaggio e ci permettono di rappresentare il mondo, ma sono anche una forma di potere in cui “conta” chi decide cosa includere e cosa escludere dalle statistiche.
La dataviz della settimana
Ne parlo anche nel libro, del fatto che le persone di origini nordafricane e mediorientali non sono rappresentate dalle indagini statistiche del censimento in US, anche se l’amministrazione Biden ha proposto una modifica al form.
Il New York Times ha chiesto quindi a 5300 persone “senza categoria” di descriversi, e questo è ciò che è venuto emerso dalle loro risposte (pagina da scrollare):
Ricomincia il tour
Roma, 8 marzo: esce il libro, nel pomeriggio sarò al corteo Non Una Di Meno, se ci vediamo salutami :)
Verona, 15 marzo: FEMALE O FAMALE? Parliamo di cose scomode! Alla sede della redazione Salmon sono in dialogo con Norma Rossetti, fondatrice e ceo di My Secret Case e l’ostetrica veronese Dalila Coato. (Sono stata molto calma durante la nostra zoom call, ma non vedo L’ORA).
Firenze, 18 marzo: a Villa Bardini alle 15 intervengo al seminario “Intelligenza Artificiale: verso nuovi universi e paesaggi?” dedicato a insegnanti di ogni grado. Si passa da qui per prenotarsi, ci sono ancora posti liberi.
Roma, 20 marzo: presentazione del libro con Will Media [dettagli tra una settimana]
Online, 21 marzo: un webinar dedicato a insegnanti di scienze e di matematica per presentare il mio percorso didattico sui dati inserito in un nuovo testo di scienze edito da Rizzoli Education per cui Erickson cura le parti di laboratorio (Si chiama “A tu per tu con i dati” e sarà incluso nel nuovo corso di scienze per la scuola media “Fenomeni - La scienza che sorprende”.)
Roma, 23 marzo: sono al festival di giornalismo ambientale “Le parole giuste”, alle 12:30, presso Le Industrie Fluviali. Con Ettore Di Cesare di Openpolis, la giornalista di Radio3 Cristiana Castellotti, moderati da Sara Vegni di A Sud. Tutto il programma (wow) qui.
Prenota il libro, noi ci sentiamo mercoledì prossimo!
https://keinpfusch.net/la-s-recensione-di-oggi
Non so perché, ma sospettavo fosse un cinquantenne nerd, uno di quelli infognati. È chiaro che ha dei bias dovuti alla sua inesperienza del mondo moderno.
Pazzesco, non vedo l'ora di leggerlo! Congratulazioni Donata!