"Il dato richiede un esercizio di umiltà" - cosa si impara dai dati degli ascolti TV
3 domande alla data guest star di oggi
Oggi è l’ultimo mercoledì del mese e torna la rubrica con la Data Guest Star.
Entriamo in un mondo molto concreto, quello dei dati degli ascolti televisivi.
Da vera millennial (anagraficamente almeno), vivo il contrasto tra il periodo dell’infanzia, gli anni 80-90, in cui a casa della nonna o dei miei genitori la tv restava accesa praticamente tutto il pomeriggio e la sera si cenava davanti al tg per poi aspettare il programma della prima serata da guardare insieme sul divano, a oggi, che considero la tv semplicemente uno schermo più grande del telefono o del computer. Device che tra l’altro mi permettono di adottare posizioni persino più comode per godermi le mie serie preferite, soprattutto l’inverno, dove è meglio stare abbracciati al tablet sotto il piumone che sul divano pieno di giochi dei bambini che si infilano dappertutto.
Ma vengo al punto: l’ospite di questo numero si chiama Carlo Panzeri, consulente del gruppo Mediaset, di cui è stato responsabile del coordinamento palinsesti, vicedirettore di rete, analista marketing. Se esiste qualcuno con un’esperienza “storica” di dati degli ascolti tv, l’avete trovata.


È proprio la prospettiva storica dei dati di Auditel raccontata da Panzeri all’inaugurazione del corso per Data Analyst dell’università di Bergamo che mi ha incuriosita e fatto venire la voglia di saperne di più.


Inseguendo il “viaggio dei dati”, questa tappa nelle “case degli italiani e delle italiane” mi sembrava interessante anche per chi legge la newsletter.
3 domande sui dati a... Carlo Panzeri
1. Mi racconti cosa sono i dati per te?
Mi faccio aiutare dall’etimologia del termine. Il dato è qualcosa che non ti inventi, è dato appunto, non lo improvvisi, sta lì, nel suo nitore; può essere rielaborato, integrato ad insieme ad altri, può essere sviluppato e diventare un insieme di dati o un dato più elaborato e raffinato. Il dato richiede un esercizio di umiltà: considerarlo, prenderlo sul serio anche quando contraddice la percezione intuitiva che si può avere di un fenomeno. “Ci sono più stelle (possiamo dire anche dati?) in cielo, Orazio, che pensieri nella tua filosofia”. È rigore e chiarezza. Ma con quale utilità? Andare un po’ più a fondo della realtà. Può essere il punto di partenza di un processo di conoscenza che si adatta all’oggetto di osservazione e, così, consente di fare passi avanti. Avendo a che fare con l’andare a fondo della realtà, osservare i dati si lega indissolubilmente all’andare a fondo della propria umanità.
Il dato ci insegna un atteggiamento di fronte alla realtà. La mossa poi è nostra: sbirciarlo distrattamente e poi tornare alle nostre elucubrazioni; o farlo nostro, studiarlo, approfondirlo e renderlo punto di inizio di un’affascinante sfida, un’avventura di conoscenza. E, poi, richiede l’intelligenza, cioè la curiosità e la capacità di mettere insieme dato con dato per costruire un senso.
2. Cosa ti hanno insegnato i dati nel tuo lavoro?
Per tutti gli anni che ho trascorso lavorando nel settore televisivo, il dato, i dati, sono stati lo spauracchio o la gioia quotidiani dell’esito del lavoro. Ogni mattina alle 9:55, puntuali, anzi puntualissimi, arrivano sulle “scrivanie” i dati di ascolto, i famosi (o famigerati) dati Auditel che misurano gli ascolti della giornata precedente. Rete per rete, programma per programma, fascia oraria per fascia oraria. E sanciscono il successo o l’insuccesso di quel particolare programma a cui, magari, si è lavorato per mesi. Non tutto è sorprendente, i risultati dei prodotti ricorsivi (le strisce di daytime per esempio), salvo il kick off e casi eccezionali, sono stabili e prevedibili. Incerti, imprevedibili e destabilizzanti sono invece i dati della prima serata, dove si trovano prodotti one shot (è un dentro-fuori, forte-debole, adeguato-inadeguato). Ovviamente il dato non ha solo un valore in sé ma è strettamente legato agli obiettivi della rete su cui viene trasmesso, all’entità dell’investimento, all’aderenza alla linea editoriale (ebbene sì, nella valutazione si considerano anche parametri qualitativi). E poi c’è la possibilità, con i software specializzati, di elaborare questi dati per approfondire ulteriormente e meglio capire il fenomeno quantitativo. Capire, interpretare, leggere e valutare: è questa la chiave e il compito. Personalmente, ho avuto la fortuna di praticare quel mondo in momenti in cui il dato è stato considerato in modo diametralmente opposto. All’inizio, le “persone dei dati” erano considerate degli estranei, portatori di una cultura quantitativa che nulla aveva a che fare con la creatività del mezzo televisivo. Al dato si opponeva la pancia. Nell’ultima fase, paradossalmente, la situazione si è quasi capovolta e il dato è diventato l’indiscusso termine di paragone, nella sua apparente incontestabilità. Non è sempre vero che in medio stat virtus, ma la mia esperienza mi suggerisce che, in questo particolare comparto industriale, la logica più ricca e funzionale non sia quella dell’aut-aut, ma quella dell’et-et. Cioè, non si tratta di scegliere fra creatività e dati, ma di trovare il modo di far lavorare insieme al meglio queste due componenti.
Come? Anzitutto, individuando in mezzo alla massa di numeri disponibili (sono davvero tanti!) quelli più utili a leggere un fenomeno, a suggerire un’interpretazione e a dare delle linee guida per il futuro. Poi, usando tutti i dati utili, non solo quelli che confermano una tesi preconcetta. Infine, diventando bravi nell’interpretazione del dato. Ho parlato di interpretazione, attenzione, non di snaturamento, forzatura o altro. Ci sono professionalità che si sono formate su questi due estremi dell’asse della conoscenza e sono in grado di farli parlare e di metterli in relazione con gli elementi di contenuto. Che è esattamente quello che serve per fare una buona televisione, cioè una televisione che rispetti una linea editoriale, che possa piacere agli spettatori e che venga vista come un’opportunità dagli inserzionisti. Non voglio rinunciare nemmeno a buttare lo sguardo sul futuro prossimo. Quello a cui oggi assistiamo nel settore televisivo (e più in generale audiovisivo) è un momento di grandi cambiamenti. Basti pensare al fenomeno della smart tv, all’ingresso sul mercato degli OTT con una quantità infinita di nuovi prodotti che uno spettatore, prima, non poteva nemmeno immaginare di poter volere e di cui oggi non sa più fare a meno; o al fenomeno della disarticolazione fisica fra televisore (device) e televisione (contenuto). Oggi, un contenuto può essere veicolato grazie alla rete su qualunque device, in qualsiasi luogo e in qualunque momento. Gli esiti? Abitudini di fruizione diverse e una quantità ancora più massiccia di dati che non arrivano più (solo) da un campione ma che sono generati dai singoli utenti e registrati in diretta dagli analytics di turno. Ma questa è un’altra storia, tutta ancora da scrivere.
3. Per finire, cosa consigli a chi vorrebbe lavorare con i dati?
Contestualizzo la domanda rispetto al settore televisivo. Ci sono due tipologie di persone a occuparsi in primo luogo di dati. Entrambe competenti e preparate. Persone che arrivano da facoltà tipo Comunicazione, Dams o da Master attinenti a quell’area. E persone che invece hanno una formazione più data oriented (Statistica per esempio). Il consiglio che mi sentirei di dare a entrambi è di provare a unire i due pezzi del cielo. Cioè, ai primi consiglierei di approfondire la loro cultura quantitativa: sono già eccellenti e veloci nell’estrazione dei dati, nella compilazione di report e nel rispondere a esigenze di “primo soccorso”. Ma, la materia prima con cui nei prossimi anni si troveranno a trattare, sarà più complicata, meno univoca e allo stesso tempo più ricca. Pensiamo alla cosiddetta Total audience, cioè al progetto, che è già quasi compiuto, di fondere dati campionari e dati censuari, dati che arrivano da apparecchi televisivi (smart tv ormai in gran parte) e i device più disparati (Smartphones, tablet, game box per esempio). Ci avviciniamo in qualche modo alla complessità e alla ricchezza degli analytics del mondo web in cui l’abbondanza di dettagli è tale che richiede di essere trattata in modo ancora più sofisticato perché porta una potenziale ricchezza di informazioni ancora maggiore. Ai secondi, agli specialisti del dato quantitativo, consiglierei di approfondire le specificità del mondo dell’audiovisivo: sono contenuti delicati che interagiscono in profondità con gli spettatori. Intrattengono, ma a volte informano. Divertono ma capita che intimoriscano. Chiedono l’attenzione più totale o permettono una visione disattenta e altalenante. Diverse tipologie di prodotto producono comportamenti diversi negli spettatori. Diversi generi innescano comportamenti diversi. Lo spettatore televisivo è come una particella atomica, che rimbalza in modo inaspettato e in gran parte imprevedibile. Valutare il dato di copertura o di permanenza (due fra le variabili più importanti per leggere un prodotto televisivo) di una fiction, piuttosto che di uno show o ancora di una serie o di una sitcom richiede benchmark diversi. Se non si conosce quello di cui si parla o se si analizza in modo superficiale un fenomeno, gli analisti falliscono nel loro compito: leggere un dato correttamente e suggerire dei processi di miglioramento.
La dataviz della settimana
Un’analisi della storia delle commedie romantiche prodotte negli Stati Uniti, la loro evoluzione e i legami tra gli attori e le attrici che vi compaiono più spesso. Su Reuters.
La lista delle risorse del mese
📒 Da leggere
L’intelligenza artificiale può aumentare le disuguaglianze nell’ambito della salute.
La storia demografica dell’Italia, un bel pdf di Istat.
Tutti parlano di ChatGPT trascurando il gemello diverso Whisper, sempre rilasciato da OpenAI, che pare faccia vere magie per la trascrizione della voce in testo, e in più è totalmente open source. Sul New Yorker.
🧰 Da provare
Suggerimenti per aumentare l’accessibilità dei tuoi dati.
Un manuale sul GDPR scritto in crowdsourcing da volontarie e volontari, a cura del prof. Giovanni Ziccardi. Ci si può unire nella compilazione.
Un comodo cheatsheet sulla visualizzazione dei dati, dai metodi alle codifiche visive.
Bene, anche questo mercoledì è andato. Ci sentiamo la prossima settimana!
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[NB: Questa newsletter è stata riletta e corretta dalla super Magda Basso. Se ci sono errori li ho fatti io aggiungendo cose prima dell’invio.]