Ciao, oggi parliamo di quanto la contrapposizione tra emozione e razionalità, ma anche tra la “pura” scienza e la politica sia pericolosa per un accesso alle informazioni davvero democratico.
Buona lettura!
La scorsa settimana ho tenuto una keynote online privata per il team Dscovr, una startup che fa ricerca per le aziende. Tutta emozionata perché non facevo un intervento in pubblico da più di tre mesi, ho avuto un a-ha moment in diretta mentre parlavo di minimalismo nelle rappresentazioni dei dati. È successo quando ho spiegato che Edward Tufte, statistico e autore di libri molto studiati come Visual Display of Quantitative Information (1983), portavoce del “minimalismo” nelle infografiche e nelle data visualization, è spesso il baluardo di chi insiste sull’assunto che un grafico pulito e preciso sarà più obiettivo di uno artistico o creativo.
Per Tufte
Ciò che è da ricercarsi nel design per la visualizzazione di dati è la chiara rappresentazione della complessità; non la complicazione del semplice; piuttosto il compito del progettista è mostrare il sottinteso e il difficile, ovvero rilevare il complesso.
In realtà sono d’accordo con questa affermazione. Sempre nella lezione per Dscovr ho detto che non è nemmeno necessario raccontare TUTTI i dati a nostra disposizione. Il lavoro di editing, cioè di scelta, è fondamentale per far arrivare il messaggio, l’insight, al destinatario della rappresentazione dati.
Tufte raccomanda però di eliminare il superfluo discriminando togliendo dai grafici tutto quello che non serve a mostrare i dati. Propone una formula matematica, il data-ink ratio, per cui solo l’inchiostro usato per rappresentare i dati è necessario alla nostra viz, il resto può essere eliminato:
Ma perché l’arricchimento visuale è un problema? E se invece di distrarci, ci aiutasse a capire meglio di cosa si sta parlando?
Tufte chiama junk chart le infografiche in cui gli abbellimenti distolgono l’attenzione dalle statistiche presentate. In cui il non-data-ink, l’inchiostro che non racconta i dati, è preponderante. Semplificare un messaggio può aiutare a farlo comprendere, ma non è sempre così.
La regola di Tufte non può essere universale, ma dovrebbe essere adattata al contesto, al pubblico e all’obiettivo del nostro contenuto.
Soprattutto se ci viene detto che i grafici che rispettano le proporzioni della formula di Tufte, appellano alla nostra ragione, e ci aiutano a lasciare da parte le emozioni quando siamo davanti a un grafico. In realtà non è così.
Il minimalismo non protegge il lettore/la lettrice da eventuali opinioni del giornalista, né dalla soggettività del messaggio che vuole veicolare. E davanti a “freddi numeri” siamo comunque molto emotivi, se ci riguardano da vicino (anche il più minimalista grafico sulla pandemia ci ha fatto preoccupare, spaventare, arrabbiare).
Mona Chalabi è una giornalista dei dati che usa molto inchiostro nelle sue visualizzazioni, dal momento che le produce a mano, usando anche figure umane per rappresentare le persone di cui parlano di dati.
Ma ha ottimi motivi per eccedere nel non-data-ink: avvicinare le persone ai temi di cui parla, e non appiattire certe storie dentro semplici grafici a barre.


Ma veniamo al mio a-ha moment. Quando si parla di emozione vs razionalità, o scienza vs politica, per esempio, si parla di binari forzati, di dicotomie che non sono veramente tali nella realtà.
Le autrici di Data Feminism scrivono:
False binaries work to benefit the group already at the top—elite white men.
I falsi binari funzionano per dare vantaggi al gruppo che sta già al vertice - l’élite di uomini bianchi.
Perché le élite ne traggono vantaggio?
Perché separare emozione e razionalità, come si vuole fare in tutti i casi in cui si porta “la scienza”, “i dati”, davanti ai propri interlocutori come scudo di verità, vuol dire sostenere che chi usa le statistiche, chi fa esperimenti in laboratorio, è libero da ogni interferenza emotiva. Se è un essere umano, questo non è possibile.
Il testo in una data visualizazion è importante quanto la codifica visiva che si sceglie di utilizzare. Sia perché un software di lettura schermo sarà in grado di dare tutte le informazioni alle persone che li utilizzano, sia perché non tuttə sono in grado di capire al primo colpo come leggere un grafico.
Se non sono del mestiere, se non ho familiarità con le visualizzazioni dati, probabilmente mi avvicino a un grafico solo se mi interessa, se parla di me, o di qualcosa che conosco. E se all’interno del grafico ci sono elementi che mi sono familiari, come icone o disegni, posso aprire una relazione con quelle informazioni e non sento il rifiuto verso qualcosa di sconosciuto, che mi sembra troppo complesso.
Perché il falso binarismo quindi avvantaggia le élite al potere? Perché mantenere la scienza, la sapienza, come qualcosa per le persone elette, per chi ha studiato, come se fosse una sorta di merito escludente, contribuisce a rafforzare il potere e alimentare le discriminazioni.
Guarda la differenza tra queste tre immagini, che corredano un pezzo del Guardian sulla crisi in Venezuela:
Nella prima l’inchiostro è minimo, anche se al Guardian fanno le cose per bene perché descrizione e titolo ci aiutano a interpretare i dati di cui si parla. Nell’illustrazione al centro il disegno rende immediatamente chiaro, anche a chi non sa leggere un piano cartesiano, che c’è un problema di inflazione. La fotografia attira il nostro occhio, la codifica visiva ancora più immediata. Non so niente di economia, ma ho provato interesse per quel contenuto e ne sono anche stata informata.
Una “buona” data visualization non è sempre quella che elimina gli elementi accessori, ma quella che garantisce la sua leggibilità al maggior numero di persone possibili.
E se la “visualizzazione” non fosse il mezzo migliore per raccontare i dati? Per fortuna il dibattito è in corso e a Milano dal 27 settembre al 2 ottobre c’è un’intera conferenza sulla sonificazione dei dati. E fare esperienza dei dati è ancora più efficace per comprenderli.
La dataviz della settimana
È una mappa per sapere per chi puoi votare alle politiche del 2022.
Le ha fatte Guenter Richter grazie ai dati estratti dal sito del ministero dell'Interno dall’associazione onData usando le basi geografiche dei collegi elettorali pubblicate da Istat.
Puoi guardarle solo da desktop. E per ogni collegio hai l'elenco di candidate e candidati, il sesso, i relativi partiti (movimenti o gruppi politici) e l'età media.
Come fai a sapere qual è il tuo collegio? Passa da qui.
E per conoscere meglio i programmi elettorali c’è Indecis.it, creato da amici geniali.
Il boxino di fatti miei
Sono stata intervistata da un giornale incredibile, uno dei miei magazine preferiti, e posso confessare che ho fatto le prove prima di collegarmi su Meet.
Sta per partire ufficialmente il lavoro per un progetto di raccolta dati partecipativa in contesto umanitario per cui sono consulente. Useremo Ushahidi, che avevo già sperimentato in passato, ma con particolare attenzione al proteggere le persone coinvolte.
Il carico cognitivo richiesto ai genitori nel mese di settembre è veramente impegnativo, ora che ho due figli in classi diverse, orari diversi, chat diverse, bisogni diversi, faccio molta molta fatica. Oltre al bonus psicologo serve anche un bonus assistente personale.
Molto bella la mostra Crazy al Chiostro del Bramante. Sui costi del biglietto (18€) ho discusso su Instagram, ma se volete fare un buon investimento per una gita con i bambini la consiglio.
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Ciao ciao!
Bellissimo il concetto di data-ink ratio!
Complimenti Donata. Come sempre le tue newsletter sono ricche di ispirazioni e stimoli. Mi sono già iscritta all'evento "Data Sonification."