Come e perché abbiamo ignorato per secoli i dati sul ciclo mestruale
"Metà Spagna sanguina ogni mese: né i medici, né gli scienziati sanno il perché"
In questo numero: il secondo pezzo dell’anno a cura di un’ospite esterna, una giornalista freelance che si occupa di Europa del sud, migrazioni e diritti umani per diversi giornali. Ho anticipato che il pezzo racconta di un’inchiesta spagnola, e infatti la nostra autrice di oggi è Roberta Cavaglià, che scrive la newsletter settimanale
e più sotto vi racconto meglio del suo lavoro. (La voce che oggi legge il testo, ovviamente, è la sua :)In più: nella data viz della settimana una mappa delle colonnine di ricarica elettrica in Italia (con mini rant sui dati pubblici che non sono aperti), le solite date del tour e il link a un pezzo che ho scritto per Guerre di Rete sull’identikit delle persone che lavorano nella tecnologia. Maschio bianco 30 enne? Quasi.
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Il graditissimo sponsor di oggi è il festival We Make Future che si tiene a Bologna dal 13 al 15 giugno e dove troverete anche me, nella giornata di sabato 15. Più sotto tutte le informazioni per acquistare i biglietti.
Ma ora vi lascio alla newsletter1, che è bella ricca.
Per molto tempo le caratteristiche fisiologiche legate al sesso sono state sottovalutate, per una serie di ragioni. Una di queste è che, a causa del ciclo mestruale e delle gravidanze, i soggetti di sesso femminile sono sempre stati ritenuti più variabili rispetto a quelli di sesso maschile.
Antonella Viola, Il sesso è (quasi) tutto (Feltrinelli Editore)
Parlarne (non solo) tra amiche - Come e perché abbiamo ignorato per secoli i dati sul ciclo mestruale
di Roberta Cavaglià
Ricordo con estrema chiarezza il giorno in cui ho avuto le mestruazioni per la prima volta.
Avevo 12 anni, ero appena tornata da scuola per fare pranzo da mia nonna. Le ho riconosciute subito, ma ho tenuto il segreto fino a sera: pensavo che la persona giusta per parlarne fosse mia madre, non mia nonna.
Ho passato il pomeriggio quasi immobile sulla sedia della cucina, attenta a non macchiare troppo il fagotto di carta igienica che mi ero fatta.
Non ricordo molto di quel che è successo dopo, se non che a qualche ora dalle spiegazioni di mia madre, ho guardato l’assorbente nel bagno di casa, l’ho chiamata e le ho detto: “non è possibile perdere così tanto sangue, mamma, c’è qualcosa che non va!”.
In realtà, stavo benissimo.
Non ho mai raccontato questo episodio tenero e imbarazzante a nessuno. Ho deciso di farlo oggi, qui, in questa newsletter, perché mi sembra il modo migliore per rendere omaggio a uno dei migliori libri di divulgazione scientifica che ho letto negli ultimi anni che è anche, allo stesso tempo, un ottimo esempio di data journalism.
Si intitola La mitad que sangra (edizioni Libros del K.O., inedito in Italia), è stato scritto da due giornalistə spagnolə, Maria Zuil Navarro e Antonio Villarreal, e in realtà non nasce come libro, ma come reportage.
“Antonio e io ci eravamo accorti che molte donne che conoscevamo avevano notato cambiamenti nel loro ciclo mestruale dopo aver fatto il vaccino per il Covid. Il fatto che quasi non se ne parlasse era emblematico di quanto poco conosciamo il funzionamento del ciclo mestruale. Decidemmo quindi di scrivere un articolo per il giornale con cui collaboravamo entrambi, El Confidencial, su questa ‘dimenticanza’ da parte della scienza e della medicina”, mi ha raccontato Navarro.
A poche ore dalla pubblicazione dell’articolo, intitolato “Metà Spagna sanguina ogni mese: né i medici, né gli scienziati sanno il perché”, sono iniziati ad arrivare i primi commenti, che poi sono diventati decine, e poi centinaia.
“Tante donne ci hanno scritto per ringraziarci di aver parlato di questo argomento e per dirci che si rivedevano nelle testimonianze che avevamo incluso nell’articolo”, mi ha spiegato Navarro.
Nel corso delle nostre carriere abbiamo pubblicato reportage di grande impatto, con migliaia di visualizzazioni, reazioni politiche, menzioni sui social, premi, ma niente in confronto a quel che è successo quell’1 dicembre 2021
scrivono Navarro e Villarreal nell’incipit del libro, che nasce dall’idea di continuare a dare voce alle persone che mestruano, combinando le loro esperienze con studi scientifici e interviste a esperte e divulgatrici.
Per farlo, Navarro e Villarreal hanno progettato e diffuso un questionario di circa 40 domande, al quale hanno risposto 915 persone: le loro testimonianze e le loro risposte, elaborate in numerose visualizzazioni di dati, rendono secondo me la lettura più agile e anche più intima.
Mettiamo le cose in prospettiva, però: non è che in Spagna non si parli mai di mestruazioni. Anzi: come in tanti altri Paesi, Italia inclusa, dal 2016, l’attivismo mestruale e la divulgazione sono aumentati, sia online che offline, grazie al lavoro ad esempio di Carolina Ackermann Barreiro, Verónica Satrustegi e Xusa Sanz.
Il punto è un altro: come affermano Navarro e Villarreal nel libro, infatti, in pochi casi nella medicina “esiste uno squilibrio così accentuato tra la quantità di persone che soffrono e quanto poco sia studiato questo fenomeno a livello medico e scientifico".
Più di 1800 milioni di persone al mondo oggi mestruano. Ma perché le donne e alcuni uomini trans hanno le mestruazioni, e molti altri mammiferi no? Perché alcune persone patiscono dolori inimmaginabili e altre continuano a fare la loro vita di sempre? Perché il menarca arriva ad alcune agli 8 anni e ad altre ai 15? Perché ad alcune il ciclo dura 28 giorni e ad altre di più? Ma soprattutto: perché, in molti casi, fa così male?
A molte di queste domande non abbiamo risposte certe: solo ipotesi. La ricerca sul ciclo mestruale, infatti, riceve pochi fondi e rimbalza tra i reparti di ginecologia ed endocrinologia. Alcune delle principali esperte in questo ambito, come le mediche spagnole Carme Valls ed Enriqueta Barranco o l’endocrinologa canadese Jerilynn Prior, sono vicine alla pensione e faticano a trovare le risorse per assicurare un futuro alle loro ricerche.
Al loro lavoro si devono alcune delle scoperte più interessanti in questo campo. Condivido qui quelle che mi hanno colpita di più, sapendo di lasciare comunque tanto, troppo materiale da parte:
“Sappiamo che il vaccino anti Covid-19 altera il ciclo mestruale quando viene inoculato nella prima fase del ciclo, ovvero prima dell’ovulazione”, spiega nel libro Carme Valls, citando uno studio pubblicato su Frontiers in Global Women's Health nel 2021. Tuttavia, questa informazione non è stata usata per aggiornare le guide cliniche sulla vaccinazione. A nessuna persona viene chiesto infatti in che fase del ciclo si trova per poter trovare la data in cui la vaccinazione possa causare meno alterazioni al suo ciclo mestruale.
“Il dolore non è normale”: quante volte hai già sentito questa frase? Io, nella mia piccola bolla femminista, tantissime. Ma non l’ho mai assimilata fino in fondo. E non ho mai ricercato fino in fondo le ragioni del mio dolore, oltre a provare a escludere con visite ed esami patologie come l’endometriosi, l’adenomiosi o un fibroma. “Confondiamo le mestruazioni, che sono qualcosa di fisiologico, con una patologia, che è il dolore mestruale. È come se chiunque avesse una schiena soffrisse anche di lombalgia”, afferma la divulgatrice Xusa Sanz nel libro, nel quale, con l’aiuto di esperte, Villarreal e Navarro spiegano che il nostro dolore, il mio come il tuo, può dipendere da diversi fattori esterni, come l’esposizione a diossine, (sostanze chimiche tossiche emesse dalla combustione di materiali e quindi presenti nelle aree industriali o nelle discariche), l’ingestione di alimenti trattati con pesticidi o fertilizzanti, il fumo, lo stress o la dieta. Tutto influisce. Quanto, di preciso? Non lo sappiamo.
Vale anche il contrario. Ovvero: “prima di avere un infarto, il ciclo di una donna subirà qualche tipo di modifica a causa dello stress”, spiega sempre Valls nel libro, e lo stesso vale per altre malattie gravi. Questa chiave di lettura del ciclo “non come [elemento di] vittimizzazione, ma come una risorsa positiva che abbiamo a disposizione” per capire come stiamo per me è stata illuminante. Le mestruazioni sono le newsletter che il nostro corpo ci manda sul nostro stato di salute, insomma.
Esistono più di 500 modi per dire “mestruazioni” senza dire “mestruazioni”, in varie lingue del mondo. La stessa parola “tabù”, deriverebbe da tapua, che significa sia “sacro” che “mestruazioni” in polinesiano. Esistono altrettante dicerie e credenze sugli effetti negativi delle mestruazioni a livello sociale, che cambiano da zona a zona. Tutte hanno una caratteristica in comune, però: allontanano le donne dal potere. In Spagna, ad esempio, molte credenze riguardano il lavarsi il corpo o i capelli. “Queste dicerie sono più diffuse nelle zone dove l’accesso all’acqua è più complicato: sono un modo per limitarne il consumo e stabilire una relazione di potere”, spiega nel libro l’antropologa Alicia Botello Hermosa.
Vogliamo che il ciclo sia un argomento di conversazione anche per chi non mestrua, e lo diciamo sul serio. Per questo, abbiamo voluto dare il buon esempio: per fare in modo che alla nostra società interessino le mestruazioni, anche i giornali, i grandi media e l’editoria devono iniziare a parlarne
hanno scritto Navarro e Villarreal nella conclusione del libro.
Ora sta a noi fare la nostra parte. Far uscire questo tema dalla sfera privata per far sì che nessuna persona pensi che il dolore che prova è normale. Ma anche, per dare un segnale all’accademia: sul ciclo sappiamo troppo poco e lo abbiamo saputo per troppo a lungo.
Parliamone, quindi. E non solo tra amiche.
Roberta Cavaglià è giornalista freelance, si occupa soprattutto di Europa del Sud (politica, società e ambiente), migrazioni e diritti umani per giornali italiani e internazionali, tra cui Domani e Linkiesta. Fa parte di Espulse, il collettivo contro le molestie nel giornalismo italiano. Nel tempo libero impara nuove lingue, ascolto podcast e vado sui pattini (rigorosamente a quattro).
È l'autrice di Ibérica – Una finestra sull’altra penisola, la newsletter che una volta a settimana ti porta in Spagna e Portogallo, senza bisogno di prendere l’aereo.La lingua, la cultura e l’attualità di questo pezzo di mondo sono la sua passione da circa dieci anni e crede che capirlo meglio possa aiutarci a capire qualcosa di più dell’Italia, i nostri limiti e i nostri punti di forza.
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La dataviz della settimana
Quest’anno abbiamo cambiato auto, dopo più di dieci anni. “Non compri elettrico signora"!” mi ha raccomandato un tassista a cui, non so perché, avevo rivelato questa intenzione di acquisto. “Non troverà le colonnine in autostrada, farà un viaggio e resterà ore ad aspettare la carica!“, mi aveva raccomandato. L’unico modo per verificare questa affermazione sarebbe stato cercare i dati. Peccato che… non ci sono. O meglio, non c’erano, almeno fino a che l’
ha fatto come al solito il gran lavoro di liberarli dalla Piattaforma Unica Nazionale dei punti di ricarica per i veicoli elettrici. Perché non vengono forniti direttamente in formato pubblico e aperto? Chissà. Intanto, vi lascio il lavoro fatto da Riccardo Saporiti per Wired con questi dati liberati.Il tour di aprile (continua, sì)
Online, 18 aprile: dalle 17 facciamo un viaggio nel data design con Tangible (si può seguire su Linkedin)
Fidenza, 20 aprile: andiamo “Dentro l’algoritmo, la società del XXI° secolo tra persone, dati e tecnologie” nell’ambito del festival Terra Incognita.
Perugia, 21 aprile: torno al Festival del Giornalismo in un panel insieme alle incredibili Lilia Giugni, Vera Gheno e Silvia Semenzin.
Online, 22 aprile: con il Data Book Club commentiamo l’ultimo libro scelto, “Le tessitrici” di Loreta Minutilli (effequ).
Milano, 23 aprile: partecipo alla rassegna “Open Polifactory” organizzata dal Politecnico di Milano presentando il mio libro, c’è un link Eventbrite per registrarsi.
Segnalazioni. Per Guerre di Rete ho provato a contare i lavoratori e le lavoratrici dell’industria tecnologia. Missione praticamente impossibile. E se pensi al "maschio bianco 30enne in un ufficio extra lusso con tanti schermi", hai gli stessi bias delle IA.
Su Valigia Blu c’è un estratto dal mio ultimo libro “Quando i dati discriminano”, che adesso è anche disponibile in ebook. Ed è arrivata anche la prima recensione su Amazon, non male:
Questa newsletter è stata mandata a 7251 persone, falla girare ancora di più!
Noi ci sentiamo mercoledì prossimo.
L’immagine in evidenza su Substack è tratta da “Ciclo”, un libro meravigliosamente illustrato da Natalie Byrne e pubblicato in Italia da Quinto Quarto.
Mooolto interessante! Io tengo traccia del mio ciclo mestruale misurando la temperatura basale e annotando i mutamenti del mio corpo e eventuali sintomi dal 2016. Ad oggi sto tracciando il mio ciclo numero 90. Ho raccolto dati anche durante la gravidanza, che ho identificato in super anticipo rispetto a qualunque test proprio grazie a questo metodo (che si può utilizzare, oltre che per analizzare il ciclo, anche per concepire o per evitare di farlo).
Ho immagazzinato, in questi 8 anni, davvero tanti, tanti dati, e la conoscenza del mio corpo che ne ho tratto semplicemente annotandoli e osservandoli è incredibile! Sono fermamente convinta che dovrebbe essere una pratica molto più diffusa, specie ora che ci sono wereable che permettono di misurare la temperatura facilmente durante il sonno.
A questo proposito, posso testimoniare che a me il vaccino anti-covid è stato somministrato in fase pre-ovulatoria, a gennaio 2022, e non ha avuto effetto sulla mia ovulazione: l'ho infatti regolarmente confermata con il rialzo termico al tredicesimo giorno del ciclo, che ha avuto una durata totale di 26 giorni, assolutamente standard per me. :D Grazie sempre per il tuo meraviglioso lavoro, Donata!
Una pensa di sapere tutto sul proprio ciclo mestruale ormai a 45 anni, invece poi legge una frase come "Le mestruazioni sono le newsletter che il nostro corpo ci manda sul nostro stato di salute" e diventa subito Jon Snow - non sa niente! Grazie per questa ricerca <3